La Voce di Romagna, del 29 agosto 2008
Dramma in cella. Franco Paglioni, 44 anni, in carcere da pochi giorni, è morto il 25 agosto abbandonato alla sua malattia e tra le sue feci. I detenuti, compagni di cella, denunciano: "Una fine assurda, stava male, ma nessuno l’ha curato. Episodi come questi, non devono succedere Neanche i cani si abbandonano così, si curano. E lui era una persona".
Paglioni era entrato in via della Rocca il 21 agosto scorso per spaccio di droga. È morto tra le sue feci, dopo giorni di agonia e di richieste di aiuto cadute nel vuoto. È morto il 25 agosto in carcere, tra la rabbia e il disappunto dei compagni di cella. Una fine disumana, quella di Franco Paglioni, 44 anni, dentro per droga, tanto disumana da sollevare le proteste degli altri carcerati. Franco Paglioni era finito in carcere pochi giorni prima per spaccio. Stando al racconto dei compagni di cella, appena arrivato in via della Rocca, il detenuto è stato sottoposto ad una visita medica perché già accusava forti dolori.
"Stava talmente male - scrivono i detenuti dal carcere - che non poteva alzarsi dal letto e neppure mangiare. I suoi piatti rimanevano quindi pieni, e l’assistente di turno, anziché preoccuparsi, ordinava di mettere il cibo nuovo sopra a quello vecchio. In quei giorni di detenzione andava avanti solo a tè o camomilla, grazie ad un detenuto che ogni sera gli preparava gli infusi. Abbiamo chiesto più volte alle guardie di turno l’intervento urgente di un medico per Paglioni, ma nessuno si è mai visto e l’infermiere che è passato in sezione per la consegna della terapia per ben 2 volte (alle 20.30 del 24 sera e alle 7.30 del 25 agosto), non si è preoccupato neppure di chiamarlo nonostante l’uomo, perché è di questo che stiamo parlando, stesse già malissimo".
Franco Paglioni aveva problemi di droga. Era uno di quei detenuti che entrano ed escono dal carcere. L’ultimo arresto, risale al 21 agosto. Era uscito dal carcere con l’indulto e si pagava l’albergo con i soldi dello spaccio di eroina. Così è finito di nuovo in cella, con l’accusa di aver allestito un micro mercato di spaccio proprio nelle viuzze intorno alla Questura. L’uomo, già condannato per una serie di reati tra cui rapine e furti, era stato anche in comunità di recupero, poi era stato ospite di un amico col quale aveva litigato, fino ad alloggiare in un hotel del centro storico dove aveva l’obbligo di farsi trovare dalle 10 di sera fino alle 7 del mattino (era stato colpito da un provvedimento di restrizione della libertà). Obbligo che non rispettava, dando nell’occhio per i suoi continui contatti con tossicodipendenti del posto. Da qui, l’ennesimo ingresso nella casa circondariale forlivese di via della Rocca, dove nel giro di pochi giorni è deceduto.
"Il fondo è stato toccato la mattina del 25 agosto - lamentano i compagni detenuti che si firmano con nome e cognome -, quando il lavorante davanti alla cella ha fatto presente lo stato del Paglioni, riverso tra le sue feci. Noi tutti eravamo presenti. L’assistente di turno, l’ha visitato e, assieme ad un detenuto, l’ha portato sotto alla doccia, nonostante lo stato esamine in cui quel poveretto si trovava. Poi è stato riportato in cella. Quando finalmente è stato chiamato il dottore, era troppo tardi: ne ha potuto solo constatare il decesso. Noi vorremmo che una volta tanto, anche un detenuto riceva giustizia. Crediamo che una persona non debba e non possa essere lasciata morire così, come un cane. Anzi, se si lascia morire un cane si rischia fino a 6 mesi di carcere. Questa era una persona. Noi chiediamo giustizia non per noi, ma per Paglioni, perché vogliamo che fatti di questo genere non si debbano ripetere più per colpa del menefreghismo di chi ha l’obbligo invece di intervenire".
Telefonata senza risposta: la direttrice è fuori servizio
Abbiamo tentato di contattare la direttrice del carcere Rosalba Casella per avere delucidazioni sulla morte del detenuto e sulla denuncia scritta e firmata dai suoi compagni di cella. Ma la direttrice nel primo pomeriggio era fuori in servizio; per avere risposte bisogna aspettare lunedì prossimo. A nulla sono valse le nostre insistenze, né gli appelli alla moderna epoca dei cellulari che permettono di comunicare anche con chi si trova fuori sede.
Niente, La direttrice, sul caso della morte di Franco Paglioni, non può rispondere perché non è in servizio. Una morte, una vita, valgono forse il disturbo di una chiamata al cellulare anche fuori servizio. O forse, ci stiamo sbagliando noi. Forse non è così. Auspichiamo solo che le stesse risposte vengano girate, se non altro, a quei detenuti che impotenti l’hanno visto morire, nel totale abbandono e in mezzo alle sue feci.
(nell'immagine) Christian Wallpaper - "Abstract Balls"