mercoledì 17 settembre 2008

Cagliari: Buoncammino è affollato, 100 detenuti oltre capienza

La Nuova Sardegna, 17 settembre 2008

È allarme a Buoncammino. L’ennesimo allarme. Il livello di guardia è stato superato più volte negli ultimi sei mesi: il carcere è sovraffollato e l’effetto indulto è svanito da tempo. Oggi le presenze sono quattrocentoventi contro una disponibilità massima di trecentoventi detenuti. Aumentano i detenuti, con una media quotidiana di sei arrivi, mentre resta immutato il numero degli agenti di polizia penitenziaria. Il vuoto nell’organico ha raggiunto il tetto preoccupante di ottanta unità in meno.


A sollevare il caso, ancora una volta, sono stati i sindacati interni, che hanno chiesto un incontro urgente all’Amministrazione regionale penitenziaria. Anche la direzione del carcere non nasconde le difficoltà di gestione: nelle celle da quattro sono adesso rinchiusi fino a otto detenuti. Una situazione disumana accentuata dal fatto che Buoncammino è un carcere vecchio dove è impossibile realizzare spazi di riabilitazione.


Ormai è chiaro: da ogni parte si guardi il mondo carcerario è al limite del collasso. Una delle cause dell’allarme di questi giorni è soprattutto dovuto alla situazione sanitaria dei detenuti. Moltissimi sono tossicodipendenti e tanti sono afflitti da una doppia patologia: tossicodipendenza e disturbi psichici, miscela esplosiva che rischia di travolgere gli ultimi argini e non può essere contrastata da una struttura carceraria e medica da sempre sottodimensionata rispetto alla popolazione carceraria.


Ogni giorno, a questo punto, le emergenze da affrontare a Buoncammino non sono soltanto quelle della sicurezza interna, ma anche di come Buoncammino può garantire ai detenuti, visto l’attuale sovraffollamento, quel minimo di vivibilità e salute. Adesso i sindacati e la stessa direzione del carcere aspettano una risposta dall’Amministrazione penitenziaria regionale. Risposta - ed è questo la parte più forte della denuncia - che non può essere rinviata oltre.


(nell'immagine) Joan Miró "Hermitage"

6 commenti:

Roberto Loddo ha detto...

Pezzotta; Governo è inadeguato, alimenta le paure



Ansa, 17 settembre 2008



"I recenti fatti di cronaca di Milano e i dati Censis sulla città di Roma sono dirette conseguenze della strategia della paura su cui il governo ha basato ogni suo intervento in tema di sicurezza". Lo sottolinea il deputato dell’Unione di Centro Savino Pezzotta. Per l’ex segretario della Cisl "provvedimenti come le schedature nei campi rom, la presenza dei militari nelle città, la creazione di nuovi reati senza un sistema giudiziario capace di sostenerli, si sono rivelati drammaticamente inadeguati e controproducenti: il risultato ottenuto- osserva- è una crescente percezione di insicurezza nei cittadini, un clima esasperato e il proliferare di fenomeni di razzismo, intolleranza e violenza".

Roberto Loddo ha detto...

i Garanti dei detenuti ci sono, ma con le mani legate

di Sara Dellabella



www.rivistaonline.com, 17 settembre 2008



Roma è la prima città italiana ad aver istituito la figura del "Garante dei diritti e delle opportunità delle persone private della libertà" nel 2003, tanto che la delibera di nomina è divenuta presto il modello per molti enti locali, comuni e province. Oggi l’istituzione del Garante è funzionante anche presso i Comuni di Firenze, Bologna, Brescia, Torino, Sassari, Nuoro; presso le Regioni Lazio e Sicilia; presso la Provincia di Milano. Altri Comuni e Regioni stanno esaminando analoghe proposte di delibera o legislative. Al giorno d’oggi è all’esame della Camera un progetto di legge istituivo di un Garante nazionale.

Quella del Garante, però è una figura "sperimentale" ed informale, ovvero è guardata con sospetto perché non regolamentata dall’Ordinamento Penitenziario. Non ha il diritto di ispezione che la legge riconosce ai parlamentari e ai Consiglieri regionali ed entrano in carcere in base alla stessa norma che regola la collaborazione dei volontari. Insomma quella che si è istituita con il Garante è una figura a sua volta poco garantita e che difficilmente ha poteri incisivi sul pianeta carcere, ma nonostante questo intorno agli istituti di detenzione sono nati, grazie alla collaborazione di molte cooperative, progetti.

Il Garante del Comune di Roma espleta le funzioni attribuitegli dalla delibera istitutiva esercitando un potere di moral suasion e di mediazione fra le richieste dei detenuti e le diverse autorità a cui sono rivolte, svolge con continuità un’azione di controllo sugli istituti di pena e sulla gestione dei diversi reparti, con le eccezioni dei reparti che ospitano detenuti in regime di 41 bis e detenuti "collaboranti"; è ammesso personalmente e attraverso i suoi collaboratori al colloquio diretto con i detenuti; assicura, quando se ne presenti la necessità o ne venga richiesto, un’azione di raccordo e di coordinamento fra diverse istituzioni; collabora strettamente con le altre istituzioni (in particolare per il Comune di Roma con la Consulta penitenziaria e con il Piano Carcere, con l’Assessorato alle Politiche Sociali e con quello al Lavoro alle Periferie urbane e allo Sviluppo locale) che si occupano dei Diritti delle persone private della libertà; prende, nell’ambito delle sue possibilità, tutte le iniziative che possano contribuire a migliorare la vita all’interno del carcere e il rispetto dei diritti dei detenuti e ad assicurare una maggiore conoscenza e una corretta e trasparente informazione sull’istituzione penitenziaria.

La speranza è che ogni provincia ospitante un istituto di detenzione si doti di un suo Garante, in attesa che il Parlamento tra un’emerge e l’altra, riesca a istituzionalizzare questa importante figura, forse l’unica in grado di ristabilire un contatto tra la cella e la realtà, senza rendere la detenzione un limbo inutile.

Roberto Loddo ha detto...

madri detenute, quando il carcere diventa asilo nido

di Barbara D’Amico



www.rivistaonline.com, 17 settembre 2008



Le pareti sono piene di disegni, accanto al letto si trova spesso un piccolo fasciatoio e durante l’ora d’aria è possibile vedere queste mamme con in braccio i propri figli: non siamo in un normale asilo nido, ma in una delle tante strutture penitenziarie italiane che accolgono, assieme a donne detenute, i loro bambini. Il carcere visto dai minori: figli di chi è condannata ad anni di detenzione e che, per legge, ha diritto a crescere il proprio piccolo o la propria piccola sino al raggiungimento dell’età scolare.

Secondo i dati del Ministero di Grazia e Giustizia, nel 2007 erano 18 gli asili nido funzionanti nelle strutture penitenziarie - i principali presso Pozzuoli, Roma, Trani, Perugia e Venezia - e 68 le detenute madri con figli in istituto. Di questi, 53 erano al di sotto dei 3 anni e 23 dovevano ancora nascere. Il dato più interessante è quello relativo ai bambini che sin dalla loro nascita non hanno conosciuto il mondo esterno ma solo quello carcerario: fenomeno criticato e fonte di numerosi provvedimenti per far fronte alla paradossale e incolpevole condizione del minore che, pur avendo diritto ad una vita libera, non può essere privato delle attenzioni del proprio genitore.

L’art. 11 della legge n. 354 del 26 luglio 1975 "Ordinamento Penitenziario" al comma 9 prevede che alle detenute madri sia consentito di tenere presso di sé i figli fino all’età di tre anni. Per la cura e l’assistenza dei bambini l’Amministrazione penitenziaria deve organizzare appositi asili nido secondo le modalità stabilite dalla legge (art. 19 del Regolamento di esecuzione D.P.R. 30 giugno 2000), sia all’interno che all’esterno delle strutture detentive. A Milano l’ Icam (Istituto di custodia attenuata per detenute madri) rappresenta una struttura all’avanguardia, con 420 metri quadrati di giardino e attrezzature, camere doppie e singole, ludoteca, infermeria e sala comune: una realtà che lo scorso anno ha potuto ospitare ben 32 mamme provenienti dal carcere di San Vittore e i rispettivi figli conducendo un esperimento unico in Italia. Sia le madri che la polizia penitenziaria, infatti, vestono in borghese e l’intero progetto mira a non far percepire ai bambini la realtà carceraria. Strutture simili sono salutate con elogio dai vari rapporti stilati annualmente in materia di condizioni penitenziarie, non da ultimo il rapporto dell’associazione Antigone e quello di Amnesty International.

Una possibilità, quella di creare misure alternative alla detenzione in carcere, resa possibile dal contenuto numero di donne presenti nelle strutture italiane (solo mille detenute ogni 17 mila uomini), con una punta massima di quasi seicento trattenute in strutture penitenziarie proprio in Lombardia. E se le risorse umane consentono l’attuazione di un diritto inviolabile come quello della crescita e dell’educazione del minore, non altrettanto può dirsi per quelle economiche. La scarsità di fondi è stata la ragione, forse, dei provvedimenti che, a partire dalla legge 165/98 - art. 4 - hanno esteso la possibilità di usufruire della detenzione domiciliare alle detenute madri di bambini di età inferiore ai dieci anni, sempre che non debbano scontare pene per gravi reati di cui agli art. 90 e 94 del testo unico 309/90 in materia di droghe e sostanze stupefacenti.

Roberto Loddo ha detto...

3mila i detenuti italiani nel mondo, politica è assente

di Giovanni Falcone



www.italiachiamaitalia.net, 17 settembre 2008



Non si riesce proprio a capire il perché del disinteresse totale della politica, ma ancora peggio del Parlamento, verso la situazione-problematica dei detenuti Italiani all’estero. Sono 18 mesi che cerco di portare avanti questo problema sociale nazionale che attanaglia sì i circa 3.000 detenuti nel mondo, ma anche le famiglie in Italia, gente che come me deve lottare giorno per giorno con problemi che vanno dai più seri, avvocati, tribunali ma anche cose più semplici, che diventano insuperabili, come il riuscire ad avere la possibilità di parlare al telefono ogni tanto con i nostri familiari detenuti.

Siamo abbandonati: per quanto riguarda me, ringraziando Dio e il personale dell’Ambasciata di Delhi che tanto sta facendo per aiutarmi, mi ritengo fortunato, nella sventura; certo non è così per tutti, almeno per quanto di mia conoscenza.

Politica che tanto è impegnata quotidianamente per affrontare il problema degli immigrati ma di tutti gli stranieri, in regola e non, presenti sul nostro territorio, legiferando anche per questo. Giusto e sacrosanto, la solidarietà va data a tutti, gente che ha abbandonato i propri paesi per cercare una vita migliore, ma anche per scappare da guerre civili e situazione di genocidi. Milioni di euro spesi tutti i giorni, per detenzione, braccialetti elettronici (oggi in un articolo ho letto che sono già stati spesi 50 milioni di euro), alloggi, sussistenza, sanità, scuole per bambini, assegni sociali, ma anche tantissimi soldi per questioni giudiziarie, avvocati, interpreti, spese per processi, ancora strutture per mantenere viva la loro cultura civile e religiosa.

Tutte cose che mi trovano d’accordo e lo dico col cuore in mano, mi fa tremendamente male quando leggo di immigrati maltrattati, sfruttati, derisi e ogni altra cosa che li mette in condizioni di sudditanza ma anche in alcuni casi peggiori in schiavitù totale.

Però nello stesso tempo non posso non pensare alle condizioni di vita dei nostri cari, cittadini Italiani detenuti nel mondo, detenzioni assurde, ai limiti della sopravvivenza in alcuni casi, ma in genere comunque tutti con violazioni totale dei Diritti Umani, ma anche con l’inattuazione di Garanzie Civili e Giuridiche. Per non parlare della situazione Sanitaria.

E se tutto ciò viene a mancare non si sa come pensare al mantenimento della propria cultura e religione, in India addirittura, in alcuni Stati è in atto una caccia ai cristiani da parte degli induisti, ci sono stati dei morti e ancora non è finita.

Ad Angelo e Simone in fase di arresto è stato negato l’interprete e l’avvocato, hanno dovuto firmare con modi coercitivi un documento in lingua Indi che poi si è rilevato un atto di accusa per cui sono stati condannati a 10 anni di reclusione.

Reciprocità, questo è quello che chiedo, oltre alle leggi particolari, bisogna pretendere la reciprocità da questi Stati che detengono i nostri cittadini, devono rendersi conto che nella globalizzazione ci siamo tutti, noi e loro, i Diritti come i Doveri riguardano tutti, noi diamo a loro ma loro devono anche dare a noi, facciamo le moschee, luoghi di culto per tutti, Induisti, Buddisti e ogni altra religione,addirittura abbiamo fatto togliere i crocefissi dagli uffici pubblici e scuole per non urtare la loro suscettibilità, ma lo stesso devono fare loro per noi; invece si verifica che in alcuni paesi non possiamo neanche girare col crocifisso al collo, loro indossano regolarmente il Niqab (abito che copre tutto tranne gli occhi) creando problemi di sicurezza come successo al museo di Venezia a fine agosto, anche sulle spiagge, mentre ad esempio le donne occidentali non possono indossare il bikini, che da noi è oramai normale; sembrano banalità, ma messe insieme a tutto il resto....

Adesso il cruccio e problema principale di alcuni politici è di dare il diritto di voto agli stranieri dopo pochi anni in Italia, non lo trovo giusto e come me in tanti; penso che per i nostri amati politici è arrivata l’ora di pensare che se siedono in quei banchi lo devono a noi, li abbiamo mandati lì per affrontare e risolvere i problemi di vita quotidiana dell’Italia, e di noi Italiani. Devono pensare prima a noi e non solo e soprattutto a loro, milioni di euro spesi giorno per giorno per loro e noi non riusciamo ad avere una telefonata dai loro Stati per i nostri cittadini, troppa sproporzione di comportamento, è ora di cambiare. Ed è inutile e da incivile dire che i 3.000 potevano anche starsene a casa o che in tanti sono delinquenti abituali, anche gli stranieri in Italia sono delinquenti abituali con l’aggravante dell’atrocità e inumani, che fanno cose aberranti, ma non per questo non vengono loro garantiti i Diritti previsti legali e tutto e questo è comprovabili da atti e documenti.

Politici ma anche la nostra cara amata Chiesa, abbiate la bontà, e dovere Civile, Costituzionale e Cristiano di ascoltarci, ascoltare i nostri problemi e insieme trovare le strade migliori a risolverli, come sopra detto vi abbiamo votato per questo.

Roberto Loddo ha detto...

genitori negano i soldi, tossicodipendente si dà fuoco



Notiziario Aduc, 17 settembre 2008



I genitori si sono rifiutati di consegnargli i soldi per acquistare della droga e lui, un uomo di 47 anni, ha preso una bottiglia di alcool e si è dato fuoco. Ora, M.A., è ricoverato in prognosi riservata all’ospedale Niguarda di Milano con ustioni di secondo e terzo grado su oltre il 70% del corpo. L’episodio è avvenuto nel primo pomeriggio di ieri, pochi minuti dopo le 14, in una villetta in via Toscana a Segrate, in provincia del capoluogo lombardo. Il 47enne, già noto alle forze dell’ordine come tossicodipendente, si è dato fuoco davanti ai genitori settantenni. Un gesto dimostrativo, spiegano i militari intervenuti, i cui i segni però saranno permanenti.

Anonimo ha detto...

carceri al collasso... e si pensa di abolire la Gozzini!

di Adriano Todaro



www.girodivite.it, 19 settembre 2008



Sono 85 i detenuti morti in meno di un anno mentre si pensa ai "braccialetti". Nella indifferenza più totale, così si consuma la vita nelle carceri italiane. Siamo al collasso, ma si pensa di abolire la legge Gozzini.

Un detenuto agli arresti domiciliari presso una clinica psichiatrica di Viterbo, si è tolto la vita martedì 16 settembre. L’uomo, 42 anni, era stato arrestato in seguito al furto di alcuni oggetti dal duomo di Civita Castellana, in provincia di Viterbo.

È l’ultimo suicidio in ordine di tempo che interessa i detenuti. Molte volte, come in questo caso, non si conosce neppure il nome del detenuto. In altri casi il nome lo si conosce e così veniamo a sapere che nel carcere di Opera (Milano) un 33enne, Gianni Montenegrini, è stato trovato impiccato. Gli inquirenti pensano al suicidio, ma molti fanno notare che un paraplegico avrebbe difficoltà ad impiccarsi. Gianni Montenegrini era in carcere dal giugno scorso in attesa di giudizio.

Nel carcere di Velletri, invece, Stefano Brunetti, 41 anni, prima di morire ha accusato gli agenti penitenziari di averlo ridotto in gravi condizioni. Arrestato per il tentato furto di una bicicletta, Brunetti aveva avuto prima una colluttazione con il proprietario e poi, nel commissariato di Anzio, aveva distrutto alcune suppellettili della camera di sicurezza. Per questo motivo era stato sedato e portato nel carcere di Velletri. La mattina seguente l’uomo, con il torace gonfio a causa probabilmente di lesioni interne, è stato trasferito all’ospedale di Velletri e sottoposto a Tac. Poco prima di morire al medico che gli chiedeva chi lo avesse ridotto in questo modo, aveva risposto "Le guardie!".

Un detenuto marocchino si è suicidato per inalazione di gas a Badu ‘e Carros, in provincia di Nuovo. Senza nome e senza storia, come tanti suoi connazionali. Il 25 agosto scorso, invece, è morto Franco Paglioni, trovato riverso sul pavimento della cella tra le sue feci dopo aver inutilmente denunciato forti dolori. Mentre le istituzioni parlano di cause naturali, il cappellano del carcere, don Dario Ciani, scrive che le condizioni di salute del detenuto erano note, tanto che in passato aveva sempre ottenuto misure alternative a causa della sua incompatibilità con la detenzione.

Questa volta non è accaduto e Franco Paglioni è morto. L’autorità giudiziaria non ha chiarito le cause esatte dalla morte. Del resto a chi mai può interessare un Franco Paglioni qualsiasi affetto, per giunta, da una sieropositività conclamata? A nessuno. Se in carcere ci va qualche potente, comincia la sfilata dei deputati per andarlo a trovarlo, si parla di garantismo. Se poi si toglie la vita o muore… Paglioni non era nessuno, era malato, non aveva nessun potere, non faceva parte dei poteri forti di questa società. È morto fra le sue feci e nessuno si è accorto.

Nelle carceri italiane dal 1° gennaio al 12 settembre 2008 sono morti 85 detenuti. Di questi, almeno 33, per suicidio. Rispetto allo stesso periodo del 2007, il numero dei suicidi tra i detenuti è aumentato dell’11 per cento. Se continua questo andamento, alla fine dell’anno i suicidi potrebbero arrivare a quota 50 (nel 2007 erano stati 45) e il totale dei decessi a 128 (contro i 123 del 2007). In totale, dal 2000 ad oggi, i detenuti morti in carcere sono stati 1.298, di cui 468 suicidi accertati.

E mentre in carcere si muore, il duo Alfano-Maroni straparla di braccialetti elettronici. I 400 utilizzati finora con scarso successo, sono costati, a tutti noi, 11 milioni di euro l’anno, fin dal 2003 con un contratto stipulato con la Telecom che scade nel 2011. In pratica pagheremo senza usare i 400 braccialetti anche perché, tecnicamente, sono stati un flop. Il segnale si perdeva oltre i 200 metri come si perdeva se il detenuto andava in cantina o nella vasca da bagno. Per l’affitto dei 400 braccialetti, abbiamo accumulato un debito di 7 milioni di euro.

Ora si parla di spendere altri 20 milioni di euro. Ma come? Hanno sempre detto che non c’erano soldi. Perché, di grazia, sono stati tagliati 150 milioni di euro per le strutture carcerarie e per la traduzione dei detenuti? La domanda se l’ha fatta Francesco Quinti, responsabile nazionale Comparto Sicurezza della Cgil. Sì, bella domanda. Dubitiamo che Quinti avrà delle risposte. I nostri governanti sono tutti presi a convincere gli italiani che c’è un problema sicurezza e in carcere debbono andare tutti (almeno coloro che non sono potenti): da chi fa pipì in strada a chi adesca, da chi si sdraia sulle panchine a chi legge un libro nel parco, da chi usa gli zoccoli a chi usa le borse di plastica. E in più, naturalmente, i "diversi", siano essi gay, neri o rom. In realtà le carceri scoppiano di nuovo, c’è un sovraffollamento spaventoso.

Ogni mese entrano in carcere circa mille persone. Alla fine dello scorso agosto in carcere c’erano 55.831 persone per 43.262 posti, Al momento dell’indulto c’erano in carcere 60.710 detenuti. Secondo le stime del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) fra poco si potrebbe arrivare alla cifra esplosiva di 67 mila persone incarcerate.

Ci sono sempre più conflitti con gli agenti, fra gli stessi detenuti perché quando si dorme in sette in una cella di pochi metri, certamente non si può essere rilassati e contenti. E qualcuno propone di abolire la legge Gozzini. Così torneremo indietro e ricominceranno le rivolte nelle carceri. E questo che vogliono i nostri ministri?

Ogni detenuto ci costa 300 euro al giorno e la Gozzini (legge 663 del 1986) andava nel senso del recupero del condannato, quindi anche del risparmio economico. D’altronde un detenuto recuperato e reinserito non costituisce più un pericolo e i dati dimostrano che non si delinque più. È questa la vera sicurezza, non l’altra, quella "percepita", quella strombazzata dai media servili, dai giornalisti proni agli ordini del potente del momento.

Se approveranno l’abolizione o la modifica della Gozzini, se l’obiettivo sarà solo quello della repressione, delle pene inasprite, si toglierà ai detenuti la speranza per una vita migliore e diversa. Se non c’è possibilità di riscatto perché mai dovrei tenere buona condotta? Le carceri saranno in balìa dei rivoltosi e la società continuerà ad avere paura. Più di prima.

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.