martedì 30 settembre 2008

Nuoro: vuole aiutare il figlio malato, ma resta a Badu e Carros


Agi, 30 Settembre 2008


"Un detenuto barese, ristretto da nove anni a Nuoro, chiede il trasferimento a Taranto per sottoporsi agli esami di compatibilità indispensabili per un eventuale trapianto di midollo in favore del figlio affetto dalla sindrome di Marfan, una malattia rara, poco conosciuta, e da altri gravi disturbi. Nonostante le istanze presentate, l’interessamento del garante dei detenuti di Nuoro, e l’ineccepibile comportamento rieducativo durante la detenzione e nei diversi giorni di permesso ottenuti, non ha ancora ricevuto alcuna risposta dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero di Giustizia". Ne dà notizia la consigliera regionale socialista Maria Grazia Caligaris (Ps), componente della Commissione "Diritti Civili", che ha ricevuto un nuovo disperato appello di Giandonato Sciacovelli che sta scontando una pena definitiva a 30 anni di carcere.


(nell'immagine) Teresa Sciortino - "Maschere"


6 commenti:

Roberto Loddo ha detto...

disegno di legge; subito i bambini fuori dalle carceri



Ansa, 30 settembre 2008



Oggi in Italia vivono in carcere circa 70 bambini di età inferiore a tre anni, insieme alle loro madri. Figli di donne detenute in attesa di giudizio o in esecuzione di pena: una situazione aberrante e assurda che va al più presto cambiata. Questo accade grazie a norme adottate per evitare il dramma della separazione tra madre detenuta e figlio in tenera età, ma è chiaro che non può essere accettata neanche la situazione che si viene a creare con la detenzione di fatto di piccoli innocenti.

Già la legge 40 del 2001, dell’allora ministro Anna Finocchiaro, prospettava una serie di misure per evitare la detenzione all’interno delle carceri alle donne con figli minori di 3 anni (e di conseguenza ai propri bambini), ma questa è stata largamente disapplicata dai giudici e presenta dei limiti nell’accesso ai benefici, soprattutto per chi è in attesa di giudizio. In particolare, le mamme straniere, non avendo spesso un’abitazione dove scontare gli arresti domiciliari, sono costrette a tenere i bambini in carcere.

Per risolvere questa situazione si sono fatti diversi tentativi. Una proposta di legge nella scorsa legislatura dell’on. Enrico Buemi (alla quale avevo aggiunto la mia firma), proponeva la creazione di case-famiglia protette, per garantire a queste donne, ma soprattutto ai loro bambini, un ambiente più "umano" rispetto al carcere, dove organizzare la convivenza necessaria tra madre e figlio in tenera età. Con riferimento alla proposta Buemi, con il sen. Marco Perduca ho oggi presentato un disegno di legge.

Il punto centrale è la realizzazione di case-famiglia protette, o l’individuazione di strutture analoghe. La madre detenuta potrà accompagnare il figlio al pronto soccorso o in ospedale: è inimmaginabile che un bambino possa "affrontare" da solo situazioni del genere senza sentirsi abbandonato.

Per una migliore tutela della sfera psico-affettiva e dello sviluppo del bambino, si stabilisce un nuovo limite di età del figlio (10 e non più 3), per la convivenza con la madre in custodia cautelare o in esecuzione della pena presso una casa-famiglia protetta. Inoltre è affidata al Giudice la discrezionalità per estendere questi provvedimenti anche alle madri di figli con più di 10 anni. Per ricongiungere e assicurare continuità nella formazione del bambino, si prevede un permesso di soggiorno per i figli stranieri di detenute in Italia.

Roberto Loddo ha detto...

fondi bloccati, a rischio diritto alla cura dei detenuti



Redattore Sociale - Dire, 30 settembre 2008



Il diritto alla salute dei detenuti rischia di non essere garantito perché il trasferimento delle risorse finanziarie dal ministero della Giustizia alle Regioni è bloccato alla Ragioneria centrale del ministero dell’Economia. È quanto denuncia il direttivo del Forum nazionale per la salute dei detenuti dopo aver preso in esame il percorso di attuazione del Dpcm del 1° aprile 2008 riguardante il trasferimento delle competenze sanitarie dal ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale. "Immotivati e preoccupanti- spiega il Forum in una nota- i ritardi da parte dei ministeri interessati nell’adozione di alcuni atti amministrativi indispensabili per consentire alle Regioni l’avvio della nuova fase della riforma della sanità penitenziaria prevista a partire dal prossimo 1 ottobre 2008".

E al momento, sostiene il Forum, "non è stato approvato per incomprensibili cavilli burocratici" neanche il protocollo d’intesa Stato-Regioni, che deve indicare i contenuti e le forme del coordinamento tra il ministero della Giustizia e il Servizio sanitario, "che doveva essere approvato in Conferenza Stato-Regioni entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del Dpcm". Forum lancia quindi "un appello al governo per un pronto adempimento degli atti previsti e un invito a tutti i gruppi parlamentari per una attenta vigilanza nell’applicazione di una legge della Repubblica da parte di tutti i soggetti istituzionali interessati".



Comunicato stampa Forum nazionale per la salute dei detenuti



Il Direttivo del Forum nazionale, riunito in seduta plenaria, ha preso in esame il percorso di attuazione del Dpcm del 1° aprile 2008 riguardante il trasferimento delle competenze sanitarie dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, rilevando immotivati e preoccupanti ritardi da parte dei Ministeri interessati nella adozione di alcuni atti amministrativi indispensabili per consentire alle Regioni l’avvio della nuova fase della riforma della sanità penitenziaria prevista a partire dal prossimo 1° ottobre 2008. In particolare:

1) alla data odierna, risulta che il trasferimento delle risorse finanziarie dal Ministero della Giustizia alle Regioni italiane è attualmente bloccato alla Ragioneria centrale del Ministero dell’Economia. Poiché il Ministero della Giustizia è impegnato dal Dpcm a provvedere fino al 30 settembre al pagamento degli emolumenti del personale, dal 1° ottobre p.v. le Regioni italiane rischiano di trovarsi in serie difficoltà a far fronte alla spesa per personale in corso di trasferimento con la conseguenza, gravissima, di non poter garantire ai detenuti e agli internati il diritto alla salute riconosciuto dalla Costituzione e dalla legge n. 230/99.

2) il Protocollo d’intesa Stato-Regioni, che deve indicare i contenuti e le forme del coordinamento tra il Ministero della Giustizia e il Servizio sanitario a tutti i livelli istituzionali e che doveva essere approvato in Conferenza Stato-Regioni entro 30 (trenta) giorni dalla data di pubblicazione del Dpcm, al momento non è stato approvato per incomprensibili cavilli burocratici.

Il Direttivo del Forum nazionale esprime viva preoccupazione rispetto ai ritardi sui punti sopraccitati e rivolge pressante appello al Governo per un pronto adempimento degli atti previsti e un invito a tutti i Gruppi parlamentari per una attenta vigilanza nell’applicazione di una legge della Repubblica da parte di tutti i soggetti istituzionali interessati.

Nel contempo, il Forum nazionale ribadisce l’impegno a: sostenere e vigilare per l’attuazione della riforma della sanità all’interno degli Istituti penitenziari per adulti, Opg rompesi, e per minori;attivare presso le Regioni e le Asl tutte le opportune iniziative volte a verificare l’attuazione concreta dei livelli essenziali di assistenza sanitaria necessari per rispondere alla domanda di salute della popolazione detenuta.

Roberto Loddo ha detto...

Osapp; raccolta firme, per chiedere riforma carcere



Il Velino, 30 settembre 2008



"È arrivato il momento che sul problema delle carceri si provveda da soli, presentando noi stessi ed autonomamente iniziative di legge che vadano incontro agli interessi della società". Lo dice il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci che lancia l’ennesimo appello "per una situazione carceraria in costante gravità, a fronte di un silenzio assordante da parte delle istituzioni".

"I numeri - spiega - non ci permettono di rimanere fermi, nell’attesa che il governo provveda. Con un record presenze di 56.635 detenuti (dati di ieri), ritornato critico dopo la fase del post-indulto, e con un avvicinamento incalzante alla fatidica soglia delle 63 mila unità, questa classe dirigente si permette ancora di temporeggiare sulle soluzioni da mettere in campo.

Per questo motivo e con il proposito di movimentare ulteriormente un quadro politico già di per sé animato su questioni che a noi appaiono non determinanti, più della vita di qualcuno costretto in carcere almeno, inizieremo presto una raccolta di firme. Presenteremo ai presidenti di Camera e Senato un progetto di legge di riforma strutturale di tutto il sistema carcerario, ridefinendo il ruolo del Poliziotto penitenziario alla base del rilancio della funzione riabilitativa che all’istituto di pena è demandata secondo Costituzione".

"Lo diciamo a chiare lettere e senza mezzi termini - sottolinea Beneduci - in questo particolare momento di crisi quando anche le organizzazioni di categoria dei cancellieri si mobilitano per i propri diritti, è necessario richiamare tutti noi, e quanti del mondo carcerario sono coinvolti ogni giorno, ad un alto senso di responsabilità a fronte di una politica, invece, troppo intenta a dibattere dei problemi del premier. Un presidente del Consiglio in costante fibrillazione per le sorti del Lodo Alfano.

Sfidiamo chiunque abbia in cuore le sorti della Giustizia, con la G maiuscola - sottolinea l’Osapp - a sostenere la tesi contraria, e ad opporsi al fatto che anche il ministro titolare sembra oramai come bloccato, o impegnato su altri fronti, quando la situazione detentiva italiana attuale deve suggerire ben altra solerzia di doveri. Già troppo tempo è passato dall’ultimo provvedimento di riforma, e da come stanno le cose, non vorremmo che questo silenzio assordante ci costringa a rimpiangere anche l’unica legge sul carcere varata negli ultimi cinque anni, quella, appunto, che ha riguardato la sola approvazione dell’indulto. La nostra vuol essere un’iniziativa aperta, al di là di qualsiasi steccato, sappiamo bene che come per il detenuto anche il poliziotto si espone a subire le stesse condizioni, e il problema del sovraffollamento non fa altro che aggravare il disagio".

"Se le firme richieste appaiono un traguardo irraggiungibile - precisa l’Osapp -, abbiamo chiara la consapevolezza del compito che ci attende, e non scoraggia una presenza capillare distribuita su tutto il territorio nazionale che conta più di 40 mila uomini e donne della Polizia penitenziaria. Ciò significa che coinvolgendo parenti e amici, e quanti degli operatori legati al mondo che vogliamo testimoniare, saremo senz’altro capaci di andare ben oltre le 50 mila firme che la Costituzione ci richiede. A questo proposito esortiamo tutti alla mobilitazione generale".

Roberto Loddo ha detto...

solo il "mercato" dei giustizieri non conosce mai crisi

di Massimo Gramellini



La Stampa, 30 settembre 2008



Com’è la vita vista dalle telecamere interne di un supermarket? Più o meno così: due ragazzi di Padova accusati di aver rubato vengono aggrediti dal magazziniere, che ne afferra uno per il collo e lo sbatte sopra la cassa per riempirlo di sberle mentre i clienti continuano a cercare offerte fra gli scaffali.

Ai ladri siamo abituati. Agli indifferenti anche. È l’ira dei giustizieri il vero salto di qualità. La prima ad accorgersene è stata la fiction televisiva con Dexter, il serial killer che fa secchi gli assassini impuniti. È diventato un idolo, l’erede universale del "Giustiziere della notte" e del "Borghese piccolo piccolo". Il milanese di colore che rubava biscotti non è stato ucciso in quanto nero, ma perché rubava biscotti: ci si è buttati sul razzismo per non dover ammettere che la verità fa persino più paura. Naturalmente non tutti aggrediscono il primo mascalzoncello che passa. Ciascuno reagisce in base all’indole.

Lo Stato è nato proprio per tenere a bada i maneschi e gli iracondi. Oggi si sta spappolando perché ha perso la forza della legge, al cui posto è cresciuta una percezione diffusa di impunità. Impuniti il ladruncolo e lo spacciatore, ma impuniti anche l’onorevole di Montecitorio e il manager di Wall Street, la cui bramosia non frenata da regole ha prodotto il già tristemente mitico Duemilaotto, che passerà alla storia della finanza creativa come il Quarantotto a quella delle monarchie assolute. Per questo chi chiede più Stato per le strade e in economia non è un nostalgico dell’autoritarismo ma dell’autorevolezza, che è ben altra cosa.

Roberto Loddo ha detto...

criminalità finanziaria impunita, in carcere i poveri

di Monello Mancini



Il Sole 24 Ore, 30 settembre 2008



"Usciamo dall’equivoco: le alternative al carcere non sono buonismo, ma risposte realistiche a una situazione in cui è saltata la certezza della pena". Luciano Eusebi, docente di diritto penale alla Cattolica di Piacenza spiega: "Il crimine vero, quello organizzato, o di tipo economico, agisce per denaro. E allora le misure più efficaci sono quelle che colpiscono il portafogli: pena pecuniaria, sequestro dei beni, interdizione alle attività economiche. Non lo spauracchio di una carcerazione che non verrà mai".

Tre protagonisti della scena giuridica nazionale - Eusebi, il consigliere di Cassazione Piercamillo Davigo e l’avvocato dei grandi processi, Franco Coppi - si sono confrontati ieri a Piacenza sul significato e il valore reale della pena nella nostra giurisdizione.

Eusebi ha sottolineato con passione l’importanza delle politiche di prevenzione, che però in Italia non vengono attuate: "Una politica seria contro gli offshore impedirebbe riciclaggio ed evasione fiscale. Ma non viene fatta ed ecco i processi lunghissimi, le rogatorie senza risposta, le ricerche bancarie inconcludenti. E i colpevoli la fanno franca".

Piercamillo Davigo, già protagonista della stagione di Mani Pulite, spiega con efficacia le radici di un sistema giudiziario malato: "Uno dei reati odiosi commessi è lo scippo alla vecchietta che ha appena ritirato la pensione. Il giovane romeno che le ruba la borsetta rischia sei anni di carcere. Però, difficilmente in quella borsetta il romeno troverà i risparmi di una vita. Se, invece, la nonnina ha investito tutto in azioni Parmalat, chi azzera il valore di quelle azioni con una bancarotta, l’ha rovinata, le ha rubato tutto. Mi chiedo: chi ha commesso il reato più grave? Tanzi o il rumeno? E cosa rischia Tanzi? Praticamente nulla: il nostro è un sistema ormai in tilt, dobbiamo riconoscerlo".

"Sì, la nostra è una legislazione schizofrenica", ha concordato Coppi, pur scettico su ipotesi generalizzate di recupero dei delinquenti. "Non saprei come definire diversamente una norma che punisce la bancarotta con un massimo di tre anni di reclusione e lo scippo con sei. È chiaro che c’è una valutazione distorta degli effetti di un reato".

Lo stesso avvocato Coppi ha tenuto a ribadire: "Se esistono legali che non si difendono nel processo ma giocano a prolungarlo o farlo saltare per evitare la pena, non sono avvocati degni di questo nome". Il problema è dunque di legislazione - "le carceri sono piene di tossicodipendenti e di immigrati irregolari", ha sottolineato Davigo - e di procedure processuali: "Va ripensato anche il rito accusatorio", ha detto Coppi. "Mi chiedo che senso abbia ripetere in aula tutto quanto è già nelle carte dell’istruttoria, in una situazione in cui avvocati e Pm sanno già tutto e il solo ignaro è il giudice".

La pena-carcere non è una soluzione, tutti d’accordo: non rieduca né reinserisce chi la sconta, non viene nemmeno considerata per i reati più gravi e complessi, perché non arriva "o arriva dopo un decennio o più, quando il senso della pena è ormai inutile o smarrito", ha concluso Coppi.

Roberto Loddo ha detto...

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Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.