mercoledì 25 marzo 2009

61 mila cittadini detenuti, ma importa a qualcuno?

di Pierluigi Sullo

Carta, 25 marzo 2009


Un sindacato della polizia penitenziaria annuncia che entro questo fine settimana i detenuti nelle carceri italiane raggiungeranno la cifra di 61 mila. E fanno un esempio: nella casa circondariale di Torino i detenuti effettivi sono 1600, contro una capienza massima teorica di 900. Così, l’ultimo indulto è andato in fumo e le forze politiche che lo avevano votato per poi insultare chi l’aveva votato, cioè quasi tutte, potranno tranquillamente dire agli elettori che la sicurezza del loro quartiere è garantita: oltre alle ronde, e a leggi sempre più feroci, vigila sui bravi cittadini un macchinario poliziesco-giudiziario che spedisce in carcere sempre più gente. Non solo: il sindacato della polizia penitenziaria non mette nel conto i migranti reclusi nei Centri di identificazione ed espulsione, dove possono stare adesso fino a sei mesi senza altra colpa che l’essere senza documenti.


Gli agenti di custodia si arrabbiano perché loro invece sono pochi e fanno troppa fatica: è giusto, a nessun lavoratore di può chiedere di non tutelare le sue condizioni di lavoro. Ma il fatto è che di quanti siano i detenuti, come stanno in carcere, quanti si suicidano [abbiamo un record europeo, in proposito], quanti siano dentro in attesa di essere giudicati o sulla base di colpe minime o dubbie, e spesso solo per il reato di povertà, ecco, di questo non frega niente a nessuno. O quasi. Certo non alle istituzioni e ai partiti politici. Quale "leader" oserebbe alzare la voce in difesa di questi 61 mila cittadini? Ma nessuno, è ovvio. Adesso anche la crisi, che impoverisce la società, esige la ricerca di un nemico. Vanno bene gli stupratori rumeni, i rom ladri e i delinquenti in genere, in questo ruolo.

3 commenti:

Roberto Loddo ha detto...

a proposito di certi romeni… colpevoli "per forza"

di Stefano Anastasia (Associazione Antigone)



www.innocentievasioni.net, 25 marzo 2009



Dopo 35 giorni di carcere Karol Racz è finalmente libero. Già da venti giorni la prova del Dna lo aveva scagionato dall’accusa infamante di essere uno degli autori della violenza sessuale compiuta ai danni di una ragazzina nel parco romano della Caffarella, ma quella evidenza scientifica non era bastata, a chiedergli scusa e a rimetterlo in libertà.

Si è inseguito, fino alla nuova sconfessione, il miraggio di un’altra accusa, di una pezza a colori che potesse giustificare la prigionia e la pubblica gogna alla quale era stato sottoposto. Ora, finalmente, il Signor Karol è un uomo libero, nonostante quella faccia un po’ così, nonostante sia romeno.

Resta in carcere, invece, almeno per ora, Alexandru Istzoika Loyos, da due settimane in custodia cautelare perché accusato di aver calunniato gli agenti che ne avrebbero raccolto la confessione: in custodia cautelare per una calunnia! Non sappiamo se Alexandru ha veramente calunniato i poliziotti, se non è vero che è stato minacciato e picchiato, se si è inventato tutto, come il primo giorno, quando si sarebbe inventato la calunnia ai danni di Karol. Ma se pure fosse: è un motivo per tenere in carcere una persona?

Da presunto innocente? In attesa di giudizio? Ma se anche la calunnia da punire fosse stata - ben più grave! - quella ai danni di Karol (quella che è costata a l’uno e all’altro 35 giorni di galera) una simile ritorsione sarebbe stata giustificabile. Ma, vi pare, per una calunnia nei confronti della polizia? Neanche all’ultimo dei tossici sarebbe stato riservato un simile trattamento. Ci voleva un pastore rumeno perché il nostro sistema giudiziario raggiungesse questo abisso.

Roberto Loddo ha detto...

Corte Strasburgo; no ad espulsioni tunisini da Italia



Apcom, 25 marzo 2009



Secondo la Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, l’espulsione dall’Italia di cittadini tunisini sospetti di attività terroristiche comporterebbe il rischio per gli espulsi di essere torturati al loro ritorno in patria, e violerebbe dunque il diritto internazionale applicabile. Una tale espulsione sarebbe infatti contraria all’art.3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti, hanno concluso oggi all’unanimità di giudici di Strasburgo.

La decisione riguarda otto cittadini tunisini che, dopo la notifica dell’espulsione, avevano inoltrato due ricorsi nel 2006 e nel 2007, paventando il rischio di tortura nel caso che la fosse stata eseguito l’ordine giudiziario nei loro confronti. La Corte di Strasburgo ha evocato numerose fonti internazionali che hanno documentato molteplici casi di tortura e di maltrattamenti inflitti in Tunisia ai sospetti di attività terroristiche. Una tesi, questa, confermata dal rapporto 2008 di Amnesty International sulla Tunisia, che non è stata smentita neanche dalle visite del Comitato internazionale della Croce rossa nei luoghi di detenzione del Paese nordafricano.

Quanto alle rassicurazioni italiane sul trattamento dei detenuti in Tunisia, i giudici della Corte di Strasburgo le hanno respinte notando che provenivano da fonti diplomatiche tunisine. L’Italia era già stata condannata dalla Corte per aver espulso verso questo paese nordafricano un cittadino tunisino vicino agli estremisti islamici, Essid Sami Ben Khemais, dopo che i giudici di Strasburgo avevano chiesto a Roma di rinunciare a dare esecuzione al provvedimento, nel 2007. E nel dicembre 2008, l’Italia ha rimpatriato un altro tunisino, l’ex imam Mourad Trabelsi, malgrado un’ordinanza contraria della stessa Corte.

Roberto Loddo ha detto...

il 25% dei detenuti è positivo al test della tubercolosi



Apcom, 25 marzo 2009



La tubercolosi, insieme all’Hiv e alle epatiti virali è tra le malattie più diffuse in carcere. Gli ultimi dati sulla presenza di questa e delle altre patologie dietro le sbarre sono della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria. La Società ha stimato che sulla popolazione presente nelle carceri a settembre scorso (55.960 persone), erano circa 3mila i detenuti affetti ha Hiv e ben il 15% erano in fase di Aids conclamata; il 38 per cento dell’intera popolazione detenuta era colpita dall’epatite virale da Hcv e il 25 % era positivo al test per l’infezione da tubercolosi.

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.