venerdì 19 dicembre 2008

Per la difesa dei diritti e della dignità dei cittadini sardi detenuti




L’Associazione 5 Novembre “per i diritti civili” aderisce alla settima edizione della fiaccolata per i detenuti e per le loro famiglie “Stella di Natale del Buoncammino”, organizzata dal comitato spontaneo di cittadini e associazioni di volontariato. Condividiamo lo spirito della fiaccolata per la fraternità, l’accoglienza e la solidarietà. Pensiamo che il sistema dell’esecuzione penale in Sardegna viva un dramma sintetizzato dalle condizioni immorali e incostituzionali dei cittadini detenuti. II nostro impianto costituzionale è incentrato sul principio di eguaglianza e di legalità, ma le condizioni di vita nei luoghi di pena sardi rappresentano forme di illegale maltrattamento più volte sottolineato dai rapporti degli ispettori europei sulle carceri italiane. Al mondo della politica sarda chiediamo l’applicazione della legge e il rispetto dell’articolo 27 della costituzione.

Per l’applicazione del principio di territorialità della pena.
Sono numerosi i detenuti sardi, in esecuzione di pena o in attesa di giudizio, rinchiusi nelle carceri della penisola. La detenzione lontano dalla Sardegna crea pesanti disagi ai reclusi ed ai loro familiari, che per le visite e i colloqui impiegano diversi giorni di viaggio, con spese gravanti su situazioni economiche sempre molto difficili, e ripercussioni psicologiche per i limiti ai rapporti affettivi nei riguardi soprattutto di bambini e anziani. Chiediamo il rispetto della legge sull'ordinamento penitenziario e la concreta attuazione del protocollo d'intesa tra il Ministro della Giustizia e la Regione sul principio di territorialità delle pene. Il Ministero della Giustizia e la Regione devono rendere noto il numero esatto dei detenuti sardi, in esecuzione di pena o in attesa di giudizio, rinchiusi nelle carceri della penisola.


Per l’applicazione della Riforma Sanitaria, anche a Buoncammino.
Chiediamo l’immediata applicazione della riforma della sanità penitenziaria nella nostra Regione. Vogliamo il definitivo trasferimento delle funzioni di assistenza sanitaria in carcere dall’amministrazione penitenziaria al SSN. Pensiamo che il carcere debba rispettare il principio costituzionale della tutela alla salute, perché il cittadino detenuto non può avere una disparità di trattamento rispetto al cittadino libero.


Per l’istituzione del garante dei detenuti in Sardegna.
Chiediamo l’approvazione di una legge regionale che istituisca il garante regionale per i cittadini privati della libertà personale. Sentiamo la necessità di una figura terza, di garanzia e mediazione tra il carcere e il cittadino detenuto. Vogliamo un Garante che vigili e promuova i diritti delle persone private della libertà, anche di quelle sottoposte a misure alternative alla detenzione.


Basta con bambini in carcere, case-famiglia per le madri.
Nel carcere Buon Cammino di Cagliari è detenuta una bambina di 2 anni. La chiameremo Elisa. Elisa, insieme alla madre, resta chiusa in cella per 20 ore al giorno. Elisa, quando sente chiudere la porta della cella, piange e si dispera. Elisa, quando in carcere incontra qualcuno gli tende la mano per essere portata via da lì. Via dal quel posto vecchio e freddo. Via da quella cella buia, dove anche il sole fatica ad entrare. È da agosto che Elisa è detenuta. La madre di Elisa non ha un domicilio e non può quindi ottenere la misura alternativa per le detenute madri. Così Elisa resta in carcere e rischia di passarci il Natale. (da www.radiocarcere.com). Chiediamo di sostituire il carcere con case-famiglia al di fuori delle mura del penitenziario per le donne che non possono rinviare la pena. Pensiamo sia necessario affermare il diritto delle madri a rimanere accanto ai loro figli.

Associazione 5 Novembre “per i diritti civili”
http://associazione5novembre.blogspot.com/
associazionediritticivili@yahoo.it

4 commenti:

Rifondazione Libera ha detto...

di Sergio Segio



www.dirittiglobali.it, 20 dicembre 2008



Non è facile, mi rendo conto. Io stesso, che pure ho avuto una vita travagliata e ne ho viste di tutti i colori, martedì sera stentavo a credere ai miei occhi. Ma provate lo stesso a immaginarlo. Una lingua di fango e sterpaglie di pochi metri quadrati a fianco della massicciata della ferrovia. Per riuscire ad accedere a questa terra di nessuno occorre entrare da un viottolo a lato di uno dei tanti capannoni industriali assiepati nella periferia di Sesto San Giovanni, sul vialone che porta all’imbocco delle tangenziali milanesi.

Bisogna poi scavalcare il muretto che delimita i binari del treno, traversarne quattro e, subito dopo un ponte, infilarsi in quel budello a cielo aperto. Non è facile arrivarci, e pure assai rischioso: è già accaduto che qualcuno - quattro, dicono - sia rimasto ucciso dai treni che transitano veloci. Eppure lì, topi tra i topi, vive qualche decina di rom, comprese donne e bambini, uno neonato di dieci giorni.

La mattina di martedì sono arrivati, come già altre volte, i poliziotti. Sotto la pioggia che batte ormai da giorni, hanno allontanato le persone e distrutto i giacigli di cartone e i teli di plastica.

I rom ci hanno avvisato e chiesto aiuto. La sera, con Dijana, Paolo e Filippo, siamo andati con loro a vedere lo scempio delle misere cose. Coperte, sacchi a peli, qualche fornelletto, un piccolo pallone impastati nel fango, rifiuti ormai inservibili. Ci hanno mostrato le mamme e i bambini, fradici come noi sotto la pioggia ancora più impietosa degli uomini. Ci hanno chiesto: e ora? Come vivremo? Dove possiamo andare?

Tramite Olga, un consigliere comunale, abbiamo interpellato il sindaco, Giorgio Oldrini, che è uomo di buon cuore. Si è attivato, e mentre la notte e la pioggia continuavano a calare è arrivata una risposta: se portate i bambini in ospedale, c’è un pediatra disponibile a visitarli e, almeno per questa notte, a ospitarli al coperto; altro e di più non si può fare. E forse è vero. Le istituzioni e i governi fanno fronte a problemi giganteschi, a crisi globali, alle bancarotte dei colossi finanziari, alla riorganizzazione dei territori e all’edificazione delle grandi opere ma non sanno dare risposte ai bisogni più semplici, soprattutto a quelli degli ultimi della fila. Come quello di non fare dormire all’addiaccio qualche decina di poveracci.

Del resto, per non fare morire di freddo, di fame o di sete i poveri del mondo basterebbero le risorse prontamente reperite e stanziate per salvare dal tracollo i colossi bancari e automobilistici.

Ma le poche decine di rom di Sesto, per la verità, non chiedono nulla. La loro passività e rassegnazione sono impressionanti. Non hanno mai avuto nulla e non si aspettano niente. Alla fine, i bambini all’ospedale hanno preferito non mandarli, temono gli vengano sottratti, non vogliono essere dispersi e divisi; come agnelli al macello si scaldano e fanno coraggio a vicenda. La loro richiesta è solo quella che li lascino stare lì, a contendersi quel fazzoletto di fango con le pantegane.

Martedì sera sul tardi avevano già riorganizzato con qualche straccio e coperta delle specie di cucce. Anche stavolta la derattizzazione non ha funzionato. Pur se sempre più deboli e spaventati, i topi umani hanno riaperto la tana, scavato nuovi anfratti, si sono rifugiati ancora più dentro nel fango e nei rifiuti, per diventare maggiormente invisibili. E certo lo sono: per la società, per la politica, per i media, per gli amministratori locali, per i servizi sociali. Ma non per i tutori dell’ordine che sanno stanarli sempre, ligi e implacabili. In questo caso, la motivazione addotta per lo sgombero forzato è che il luogo è pericoloso per la vicinanza dei binari, come le tragedie del passato hanno dimostrato. Puro buon senso. Se però venissero fornite alternative. Se non fosse che, a ogni sgombero, i rischi invece aumentano e le condizioni peggiorano, perché evidentemente al pozzo nero del peggio non c’è termine. Come se morire per broncopolmonite fosse preferibile al pericolo di finire travolti. Come se tutto quel che importa sia di rimuovere il problema dalla vista, dalle proprie responsabilità, dal proprio Comune. Un problema dal volto umano ma dalle condizioni di vita più che bestiali.

Nella Milano dell’Expo, dei Ligresti, degli Zunino, dei Cabassi, dei Caltagirone non c’è un piccolo terreno e qualche roulotte in cui consentire a poche decine di persone di sopravvivere, almeno all’inverno. Almeno a Natale.

Se questo è un uomo, ci chiedeva Primo Levi, descrivendo la disumanizzazione del lager. Oggi dovremmo chiederci se questi sono veramente topi. O se invece siamo noi, colpevolmente, con azioni e omissioni, con indifferenza e distrazione, a trattarli come tali.

Rifondazione Libera ha detto...

Cagliari: fiaccolata solidarietà con i detenuti di Buoncammino



Comunicato stampa, 20 dicembre 2008



Appuntamento di fronte alla Cattedrale. Piazza Palazzo ore 19.00. Un comitato spontaneo di cittadini e associazioni di volontariato promuove a Cagliari per il settimo anno consecutivo la fiaccolata di solidarietà con i detenuti del carcere di Buoncammino e con le loro famiglie. L’appuntamento è martedì 23 dicembre alle 19.00 davanti alla Cattedrale della città in piazza Palazzo. Il corteo percorrerà il consueto tragitto: via Martini, piazza Indipendenza, Porta Cristina e viale Buoncammino fino ai due bracci del penitenziario dove si porgeranno gli auguri di Buon Natale ai detenuti e si manifesterà loro, attraverso letture e messaggi spontanei, la solidarietà della cittadinanza a due giorni dalla festa del Natale.

Numerose le associazioni e le comunità coinvolte che stanno partecipando attivamente all’organizzazione dell’iniziativa: il convento dei Cappuccini di Cagliari, la Caritas di Cagliari con don Marco Lai, Mondo X Sardegna di Padre Morittu, l’associazione di volontariato "Oltre le sbarre" e la comunità "La Collina" di don Ettore Cannavera, l’Oftal, l’Azione Cattolica e la comunità parrocchiale cagliaritana di Sant’Elia.

Animerà la fiaccolata il gruppo sardo del T.L.C. Musicale (testimonianza laico cristiana). Alla guida del corteo, Giuseppe Pireddu, Padre Provinciale dell’ordine dei frati minori Cappuccini di Cagliari.

Attraverso la mediazione del cappellano del carcere di Buoncammino frate Massimiliano Sira e del diacono Mario Marini, dall’interno del penitenziario saranno coinvolti direttamente alcuni detenuti che leggeranno dei messaggi e risponderanno agli auguri dei presenti con un megafono. Proprio davanti al penitenziario centinaia di fiaccole accese saranno il simbolo della luce che si stringe in un abbraccio di solidarietà e accoglienza. I detenuti risponderanno dal buio delle celle accendendo a loro volta le candele.

L’obiettivo dell’iniziativa è quello di vivere un momento forte di pace e amore gratuito, cercando di andare oltre il pregiudizio e l’atteggiamento di condanna, per lanciare un messaggio di speranza. Per dire ai detenuti che al di là delle sbarre, se vorranno ricominciare, c’è chi è disposto a offrire loro una opportunità di riscatto. Gli organizzatori auspicano che alla fiaccolata possano partecipare tutti i cittadini, indipendentemente dal colore politico e dalle convinzioni religiose, fermo restando che il messaggio fondante è quello cristiano e universale della fratellanza e dell’amicizia verso "gli ultimi". Per ulteriori informazioni: Laura Floris 368.7339337.

Rifondazione Libera ha detto...

Lettere: detenuto suicida; replica di Patrizio Gonnella a Fleres
di Patrizio Gonnella
Presidente di Antigone


20 dicembre 2008


Pare abbia ragione Salvo Fleres, deputato Pdl e garante delle persone private della libertà in Sicilia. Il detenuto suicidatosi ieri non era quello che aveva denunciato lo stupro in galera ad agosto. Era un altro. Casualmente un altro detenuto anche lui stuprato in carcere. Il mio era un commento ad una notizia che altri avevano pubblicato (in ordine, giornali siciliani, Apcom, Corriere.it).

Detto questo, confermo che a mio parere Salvo Fleres dovrebbe dimettersi. Noi di Antigone siamo quelli che nel lontano 1998 hanno scritto la prima proposta di legge diretta a istituire il difensore civico delle persone private della libertà. Sempre noi di Antigone, in attesa di un organismo indipendente nazionale, abbiamo chiesto agli enti locali e alle regioni di avviare sperimentazioni locali, pur nella consapevolezza della mancanza di poteri di ingresso e di ispezione.

Dicevamo allora che si doveva trattare, come la tradizione della difesa civica in Scandinavia insegna, di persone la cui autorevolezza avrebbe dovuto trovare fondamento nella indipendenza e nella esperienza. A questo punto posso dire che le ragioni della richiesta di dimissioni rimangono tutte. Non ricito quelle relative allo svolgimento dell’inchiesta. Ne cito una per tutte: l’incompatibilità funzionale ed etica tra il ruolo di garante regionale dei detenuti e quello di deputato.

Sarà Salvo Fleres a dirci, se vuole, quanto guadagna con il doppio incarico. In ogni caso il suo ruolo indipendente, nonché l’efficacia del suo comportamento, è minato dal doppio incarico. Vorremmo che sulla sua proposta di legge depositata in Senato, la quale prevede che il garante dei detenuti sia nominato dal governo, si esprimessero gli altri garanti, regionali e non. A noi non piace, non la appoggeremo. La nomina governativa esclude categoricamente l’indipendenza. Comunque, per quanto ci riguarda, Salvo Fleres può decidere di dimettersi non da garante ma da parlamentare.



Patrizio Gonnella

Rifondazione Libera ha detto...

adesioni alla petizione "mai più bambini in carcere"



Comunicato stampa, 20 dicembre 2008



Dichiarazione di Irene Testa Segretario dell’Associazione Il Detenuto Ignoto, Massimiliano Iervolino delegato alla provincia di Roma per i Diritti Umani e Demetrio Bacaro, Segretario dell’Associazione Radicali Roma.

È necessario che Governo e Parlamento si mobilitino per approvare al più presto una legge che consenta alle mamme detenute con bambini di età inferiore ai tre anni di scontare la pena fuori dal carcere, in apposite strutture atte ad ospitare mamme e bambini. Non è più ammissibile per la politica continuare a rimanere inerme di fronte alla crudeltà di far scontare anche ai bambini la colpa delle loro mamme dentro le mura di un carcere.

La Commissione parlamentare per l’Infanzia, che oggi si è recata presso il nido dell’istituto femminile del carcere di Rebibbia per visitare i bambini fino a tre anni di età che stanno lì "reclusi" con le loro mamme detenute, può fare molto per indirizzare il Governo e il Parlamento verso una rapida calendarizzazione delle proposte depositate al Senato e alla Camera, come quelle della Sen. Donatella Poretti e dell’On. Rita Bernardini.

Ciò è quanto chiede anche la petizione popolare "Mai più bambini in carcere" presentata il 10 dicembre scorso, giorno del 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e promossa dall’Associazione il Detenuto Ignoto e da Radicali Roma.

Ad oggi sono pervenute oltre 500 adesioni, tra cui quelle di: Don Antonio Mazzi, Clemente Mastella, Luigi Manconi, Sergio Segio, Don Andrea Gallo, Ristretti Orizzonti, Patrizio Gonnella e Gennaro Santoro (Ass. Antigone), Livio Ferrari (Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Rovigo).

La raccolta firme proseguirà anche domani a Roma presso i tavoli organizzati da Radicali Roma. Uno Stato democratico e che vuole continuare a definirsi civile deve mettere al primo posto il benessere del minore. Per queste ragioni le Associazioni Il Detenuto Ignoto insieme all’Associazione Radicali Roma abbiamo nelle passate settimane dato avvio ad una petizione popolare per una rapida calendarizzazione dei disegni di legge che giacciono in parlamento, in particolare i disegni di legge delle parlamentari Donatella Poretti e Rita Bernardini.

Ad oggi sono state raccolte circa 500 firme, tra cui: Don Antonio Mazzi, Don Andrea Gallo, Clemente Mastella, Luigi Manconi, Ristretti Orizzonti, Sergio Segio Gruppo Abele, Patrizio Gonnella (Presidente Antigone), Gennaro Santoro (Coordinatore Antigone), Livio Ferrari Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Rovigo. La raccolta firme proseguirà anche domani, in tutta Roma saranno predisposti dei tavoli per raccogliere le firme.

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.