giovedì 30 ottobre 2008

Il Cpa di Elmas. Come violare i diritti umani in nome dell’accoglienza e della solidarietà.

di Roberto Loddo
da Liberatzione Sarda

L’impressione che si ha passando accanto all’ex caserma degli avieri nella base dell’aeronautica militare di Elmas, è quella di una galera per migranti. Le ringhiere alte tre metri, le sbarre alle finestre, le telecamere di video sorveglianza ai cancelli circondati da militari, non rappresentano un immagine di accoglienza. L’ospitalità offerta dal Cpa, per i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno, si è tradotta con quattro casi di tubercolosi che aprono la strada ad un rischioso pericolo di malattie infettive, una rivolta degli stessi migranti e continue proteste dei sindacati di polizia Coisp e Siulp, che denunciano costanti violazioni delle norme sulla sicurezza.

Il Cpa di Elmas è stato inaugurato in assenza di trasparenza. Dovrebbe essere funzionale al primo soccorso e a un'accoglienza limitata al tempo necessario per l'identificazione dei migranti sbarcati e il successivo trasferimento nei Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) o nei Cie (Centri di identificazione e espulsione). Ad oggi, non si conosce la sua reale natura organizzativa, riguardante sopratutto il rispetto gli standard richiesti e previsti negli ordinari Cpa. A detta dei sindacati, il Cpa, è un ambiente fatiscente e privo delle più elementari norme igieniche, di conseguenza, ne dovremmo dedurre che anche le condizioni di vivibilità della struttura da parte dei migranti siano precarie e difficili.

Che si tratti di Cpt o di Cpa, la detenzione dei migranti in Italia è un costante teatro di trattamenti inumani. L'avvocato Gianluca Vitale ha definito queste strutture detentive come “non-luoghi”, dove i diritti e le regole cessano di esistere e gli internati sono alla mercé di torture fisiche e psichiche, privati della libertà personale e sottoposti a un regime coercitivo che impedisce loro di ricevere visite e beneficiare di un’adeguata difesa legale. Un opinione condivisa anche da diverse organizzazioni non governative, agenzie internazionali, delegazioni parlamentari e giornalisti in occasione della loro visita in queste strutture.

Dai dati degli ultimi venti anni tratti dagli annuali dossier statistici della Caritas, basati sulle fonti del Ministero degli Interni, il nostro sistema di contrasto all’immigrazione clandestina ha “individuato” ogni anno meno di un quarto dei migranti irregolari presenti in Italia, e ne ha allontanati circa il 15%. In pratica, dall’analisi di questi dati fatta da Sergio Bontempelli del dipartimento immigrazione del Prc, si è cercato di svuotare l’oceano con un cucchiaino. L’espulsione è uno strumento rigido, costoso e spesso inapplicabile, quanto la stessa detenzione dei migranti. I Cpt costano infatti circa 30 milioni di euro l’anno, che sommati ai 30 milioni della gestione, e ad altri 30 milioni della sorveglianza esterna, che dipende dal ministero dell’Interno, arriviamo a spendere 90 milioni l’anno. Da considerare, inoltre, che nel periodo successivo al varo della legge Bossi-Fini, il governo italiano ha investito, nel contrasto all’immigrazione clandestina, circa l’80% delle risorse pubbliche destinate alle politiche migratorie.

Una proposta politica di accoglienza concreta e umana per i migranti è stata elaborata dal Il gruppo Gue/Ngl del parlamento europeo. Una proposta che chiede all’Unione Europea di ripensare interamente la propria politica di immigrazione, partendo dal rispetto della dignità dei migranti. Il gruppo, in linea con campagna europea per la chiusura dei Cpt, ritiene che le procedure di identificazione dovrebbero durare solo pochi giorni e non dovrebbero essere effettuate negli stessi Cpt. Ogni Stato membro dovrebbe attuare la legislazione nazionale in materia di asilo in conformità alle convenzioni internazionali e nel rispetto degli standard in materia di diritti umani. L’apertura di nuovi canali per l’immigrazione legale dovrebbe attuarsi con l’istituzione di un permesso di soggiorno-lavoro, che limiterebbe il fenomeno dell’immigrazione illegale, poiché è nell’interesse del migrante essere identificato dalle autorità per ottenere un permesso di lavoro.

Finché gli immigrati saranno considerati “illegali”, sarà impossibile instaurare le condizioni per una reale integrazione sociale, poiché la vera accoglienza passa attraverso il riconoscimento dei diritti sociali e civili dei migranti. Finché i governi saranno trascinati dalla cultura razzista e xenofoba dei provvedimenti punitivi nei confronti dei naturali fenomeni migratori, e dagli istinti più violenti e barbari della società, la gabbia per migranti di Elmas continuerà ad esistere, e noi, non potremmo mai definirci un paese civile.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sassari: 160 i detenuti, mancano agenti e soldi per le riparazioni



La Nuova Sardegna, 31 ottobre 2008



A San Sebastiano non c’era abbastanza spazio, così, per la festa annuale del corpo, la polizia penitenziaria ha dovuto chiedere ospitalità alla Camera di commercio. Ieri mattina, si è svolta la cerimonia, con la consegna di riconoscimenti agli agenti. All’appuntamento, che è stato aperto con la lettura di un messaggio del ministro della Giustizia Angelino Alfano, erano presenti i comandanti delle Case Circondariali di Sassari e Alghero, e la nuova direttrice di San Sebastiano, Elisa Milanesi.

Quello dello spazio, a San Sebastiano, è un problema di non poco conto. Soprattutto se si tiene conto che un intero piano, di recente, è stato chiuso perché non più agibile. La capacità della casa circondariale di via Roma si è ridotta così di cento unità. Nonostante i trasferimenti in altre strutture carcerarie dell’isola, però, c’è sempre sovraffollamento.

"Attualmente in carcere ci sono 66 detenuti in attesa di giudizio - ha spiegato ieri il comandante Elio Roccomare, durante il suo intervento -, 23 appellanti, 7 ricorrenti e 45 definitivi. Gli ospiti superano di un quinto la capienza tollerabile della casa circondariale e raddoppiano quella regolamentare". La nuova direttrice del carcere, Elisa Milanesi, arrivata da tre giorni a Sassari, ha già 15 anni di esperienza alle spalle, con numerosi incarichi nel sud della Sardegna. "Conosco bene le problematiche di San Sebastiano - ha detto la direttrice, che sostituisce Patrizia Incollu, chiamata a dirigere il carcere di Nuoro -.

Il limite principale di San Sebastiano, è la struttura. Da meno di un mese è stato chiuso un intero piano. Non abbiamo più una cappella e una biblioteca. La riduzione della manutenzione è legata ai tagli delle spese a livello nazionale. A Sassari, con 160 detenuti siamo tornati ai livelli precedenti all’indulto. Tutto questo, con una graduale e costante riduzione del personale di polizia penitenziaria.

Nell’isola, in un anno abbiamo "perso" cinquanta agenti e non sono previsti nuovi concorsi. Questo ci demoralizza, perché ci sono segnali di difficoltà, ma non ci sono risposte". Quando i lavori per il nuovo carcere di Bancali saranno conclusi, la nuova direttrice avrà il delicato compito di guidare lo storico "trasferimento".

Anonimo ha detto...

la precarietà uno dei peggiori mali della nostra società che impedisce a giovani e meno giovani di costruirsi un futuro, che riduce certezze e diritti, che ostacola qualsiasi possibilità di cambiamento in positivo della società civile, che affossa la solidarietà e la giustizia sociale.

Anonimo ha detto...

Cagliari: appello per detenuto di 260 kg, serve una soluzione!



Redattore Sociale - Dire, 6 novembre 2008



Il direttore del carcere Gianfranco Pala gli ha dato una cella tutta per lui, mentre un altro detenuto si è offerto di tenergliela pulita. Ma certo lo spazio in cui è rinchiuso il napoletano Armando Della Pia, detenuto in attesa di giudizio trasferito nel penitenziario cagliaritano di Buoncammino direttamente dalla Campania, non sono sufficienti alla sua mole.

È alto un metro e 75 centimetri, ma pesa 260 chili a causa di una disfunzione ghiandolare. "Stiamo facendo quanto possibile - dice Gianfranco Pala - in questi giorni al lavoro per cercare di affrontare l’emergenza. Certo in tutta Italia non è frequente avere situazioni di questo genere: esistono soluzioni per i detenuti affetti da malattie infettive, anche gravi, oppure per chi ha disagi psichici. Ma casi come questo sono comunque molto rari: ce ne saranno uno o due in tutta la nazione. È ovvio che, vista la condizione, il detenuto è tenuto sotto stretto controllo, anche perché non può fare un granché nella sua cella, così lo aiuta un altro giovane che si è offerto di dargli una mano. Ma la situazione è comunque difficile".

Nei giorni scorsi a sollevare la questione era stato il consigliere regionale Maria Grazia Caligaris (Ps), della commissione Diritti Civili della Regione. Dopo un blitz al Buoncammino, l’esponente socialista ha scritto ai magistrati napoletani, titolari dell’inchiesta che hanno disposto la misura cautelare, e al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria chiedendo che venisse trovata una diversa soluzione.

"Le condizioni in cui ho trovato il detenuto - scriveva Caligaris - sono disumane e inaccettabili. Non può stare, come evidenziato dalla direzione medica del centro clinico della casa circondariale di Cagliari, in una struttura che rende impossibile una gestione sanitaria idonea". Troppo grandi le sue dimensioni e grave il quadro clinico per essere compatibile col regime carcerario, specie in un penitenziario come quello cagliaritano da anni in emergenza spazi per l’eccessivo numero di detenuti.

"L’obesità di cui soffre Armando Della Pia - chiarisce l’esponente socialista - è una malattia dovuta a una grave disfunzione ormonale. L’elefantiasi comporta gravissimi rischi per la vita in condizioni di libertà figuriamoci in una cella dove gli spazi sono angusti, le condizioni igienico-sanitarie precarie e dove una qualunque emergenza determinerebbe l’impossibilità di intervento dei medici. Il detenuto, come sottolineato dai medici del centro clinico, ha difficoltà alla deambulazione, ipertensione arteriosa, insufficienza respiratoria cronica, insufficienza agli arti inferiori con ulcere varicose floride, lombalgia da spondilo-artrosi e da discopatia a tre vertebre".

Impossibile all’interno di Buoncammino studiare una dieta idonea alla patologia, tanto meno garantire le condizioni di igiene minime: servirebbe una sedia nelle docce per essere lavato, ma riesce a malapena a camminare a causa di piaghe nelle gambe. In più, soffre anche di apnee notturne e rischia l’infarto o un embolo a causa dell’immensa mole.

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.