mercoledì 27 agosto 2008

Cagliari: Sciopero della fame e della sete a Buoncammino


Liberazione, 27/08/2008

Dopo lo sciopero della fame iniziato a luglio un detenuto in attesa di giudizio - da un anno e quattro mesi - il 17 agosto scorso ha smesso anche di assumere liquidi. Le sue condizioni fisiche e psichiche sono diventate incompatibili con la reclusione. La denuncia arriva dal consigliere regionale Maria Grazia Caligaris componente della Commissione Diritti Civili. L'esponente socialista è andata a trovarlo nel carcere di Buoncammino di Cagliari dove è rinciuso per chiedergli di interrompere la protesta: «In oltre un mese di digiuno - racconta la Caligaris - il detenuto ha perso 11 chili. Il rifiuto di acqua e liquidi ha accentuato il processo degenerativo accelerando lo stato depressivo.

Il giovane non è più in grado di reggersi sulle gambe è assistito dal compagno di cella. Finora sono stati vani i diversi tentativi di farlo recedere dal proposito autolesionista, non sono più sufficienti né le attenzioni dei medici dell'Iistituto né degli agenti di polizia penitenziaria. E' invece urgente un ricovero in una struttura ospedaliera». L'uomo (31 anni) respinge le accuse e non capisce i motivi della prolungata detenzione in attesa del processo: «Il suo atteggiamento - continua la Caligaris - può danneggiare in maniera irreversibile le condizioni psico-fisiche. E' indispensabile che i giudici, in casi come questo, individuino soluzioni alternative al carcere in attesa che il processo accerti le reali responsabilità del detenuto. Restano ora incontrovertibili il grave deperimento organico e i rischi per la vita che richiedono immediati provvedimenti».

Sulla stessa notizia
Sardegna Oggi -
pericolo di vita per detenuto in sciopero della fame

(nell'immagine) Karen Day-Vath - "Abstract Expressionism, Florals, Landscapes & Still Life."


10 commenti:

Anonimo ha detto...

Ci associamo a questo auspicio.

L'Osservatorio sulla legalita' e sui diritti, pur sottolineando che la carcerazione preventiva e' prevista dalla legge ed applicata dai magistrati solo in presenza di precise condizioni, da sempre non concorda con il fatto che chi deve ancora essere giudicato colpevole venga internato in luoghi destinati all'espiazione della pena, ritenendo si possao trovare modalita' e luoghi alternativi per garantire alla societa' che il sospettato non fugga, non inquini le prove e non reiteri il reato di cui e' presunto autore.

Inoltre l'Osservatorio sottolinea come la lunghezza dei processi in Italia si rifletta in modo davvero tragico su questi casi. Infine - ci sia permessa la nota polemica - notiamo quanta fanfara e condanna accompagni le custodie cautelari dei personaggi influenti indagati e quanta indifferenza da parte della maggior parte dei politici circondi invece i casi delle persone comuni che si trovano nella stessa condizione.

lo staff

Speciale diritti

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www.osservatoriosullalegalita.org

Anonimo ha detto...

CARCERI: OSAPP, BRACCIALETTO MARCHIO DI INFAMIA PER IL DETENUTO


(ASCA) - Roma, 27 ago - ''Sul braccialetto elettronico il ministro Alfano non ci ha convinto. Ribadiamo i nostri dubbi e le nostre perplessita' valutando tutto questo un palliativo costoso ed oneroso per il Corpo di Polizia che rappresentiamo e per il detenuto: a tal proposito ci si chiede se la vista della cavigliera, comportando una comunicazione implicita dello stato di detenzione, non si trasformi in altro che una versione tecnologica di un marchio di infamia''. Lo afferma il segretario generale dell'Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp), Leo Beneduci, all'indomani delle dichiarazioni rese dal Ministro della Giustizia al Metting di Rimini.

''Quello del ministro di ieri - prosegue Beneduci - e' stato certamente un intervento partecipato, ma che pero' ha compreso qualunque soluzione possibile per il problema delle carceri, facendo passare per nuove idee gia' sperimentate che si e' visto come non abbiano dato i risultati in passato.

Ricordiamo come quella del braccialetto doveva essere, a suo tempo, la panacea contro il sovraffollamento delle carceri italiane e per recuperare ad altro utilizzo agenti di polizia. Una misura detentiva alternativa alla cella, come succede da anni in Gran Bretagna o negli Stati Uniti. Ma nei primi due anni di sperimentazione il provvedimento, fortemente voluto dall'ex ministro dell'Interno Enzo Bianco, si e' dimostrato a dir poco fallimentare, sia dal punto di vista operativo che dal punto di vista economico. E' ancora in vigore nelle 5 citta' in cui e' stato implementato, ma i detenuti che ne usufruiscono non hanno raggiunto il centinaio. In piu', dall'ottobre del 2001, da quando la convenzione con il Viminale e' scaduta, i gestori del servizio hanno aperto un contenzioso per la riscossione dei servizi offerti''.

''Le zone d'ombra come si vede ci sono - sottolinea Beneduci - e gia' furono prese in considerazione nelle prime relazioni tecniche che circolavano al Viminale. Oltre ai rischi, e ai costi elevati sono da valutare i possibili falsi allarmi e gli eventuali ricorsi per danni sanitari. Da alcuni osservatori sono stati, inoltre, sollevati molti dubbi sull'eticita' di questo provvedimento. Si aggiungano a cio' le critiche, appunto, su una possibile emarginazione sociale imputabile al braccialetto. In realta' - conclude Beneduci - al di la' dei problemi burocratici e dei contratti non rispettati, la soluzione del braccialetto elettronico come alternativa al carcere sembra ancora un sistema di difficile attuazione. Invitiamo il Ministro a guardare i dati milanesi: in due anni dall'entrata in vigore sono stati in tutto 10 i detenuti che hanno beneficiato di questo trattamento''.

res-map/sam/lv

Anonimo ha detto...

CARCERI: ALFANO, INCENTIVARE IL LAVORO E CREARE AGENZIA COLLOCAMENTO


(ASCA) - Rimini, 26 ago - Il governo intende investire per incentivare il lavoro nelle carceri. E' quanto ha annunciato il ministro della giustizia, Angelino Alfano, che, intervenendo al meeting di Rimini, ha sottolineato che ''incentivare il lavoro nelle carceri e' la forma piu' solida di intervento contro la recidiva e quindi per migliorare la sicurezza dei cittadini''.

Per favorire il lavoro da parte dei detenuti, il ministro della giustizia e' favorevole a creare una grande agenzia di collocamento per i detenuti.

Alfano ha quindi indicato alcuni interventi per migliorare il sistema carcerario italiano. Il ministro della giustizia si e' detto favorevole al ''braccialetto elettronico'' per detenuti che hanno commesso reati non socialmente pericolosi e che ''in Francia ha dato risultati positivi''.

Poi ''nelle carceri italiane ci sono 4.300 detenuti stranieri che devono scontare pene inferiori a due anni.

Penso che con una serie di accordi bilaterali possono scontare i residui di pena nei loro paesi. E 4.300 detenuti in meno equivalgono a risorse finanziarie per 8 nuove carceri''.

Su una popolazione carceraria di oltre 55 mila persone appena il 10% lavora, o in carcere o all'esterno. Sul numero contenuto tuttavia, ha indicato Alfano, pesa anche il fatto che oltre il 50% dei detenuti sono persone in attesa di giudizio che hanno una permanenza media in carcere di 11 giorni.

did/sam/bra

Anonimo ha detto...

Il 41 bis è già tortura, ma il Pdl vuole inasprirlo mentre pensa alla Cina

di Patrizio Gonnella
(Presidente Associazione Antigone)

Il Manifesto, 27 agosto 2008



Il Pd vuole riaprire l’Asinara e Pianosa per mandarci i mafiosi sottoposti al regime duro di cui all’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Il Pdl vuole rendere quel regime ancora più duro e meno controllato dalla magistratura di sorveglianza. Non oso immaginare quale potrebbe essere la proposta dell’Italia dei Valori. Alcuni mesi fa era intervenuto un giudice californiano, D.D. Sitgraves, per dirci che in Italia c’è il rischio di tortura a causa del tanto venerato 41 bis.


Il 41 bis è un regime penitenziario pesantissimo che proprio a causa della sua estrema durezza la Corte Costituzionale ha affermato che debba necessariamente essere temporaneo. L’isolamento prolungato a cui i detenuti sono sottoposti produce effetti irreversibili di de-socializzazione e de-localizzazione. I vetri divisori ai colloqui, la negazione di ogni forma di socialità, la chiusura di ogni rapporto con l’esterno sono giuridicamente e costituzionalmente tollerabili solo se limitati nel tempo.


Eppure a destra come a sinistra ci si indigna quando, dopo sedici anni di regime, un detenuto viene derubricato (questa è la terminologia carceraria) a detenuto AS (regime poco meno duro del 41 bis). Pare che il 41 bis sia l’unica arma del diritto a disposizione delle forze investigative contro la mafia. Agli inizi degli anni Novanta, ossia a pochi anni dalla sua introduzione, un funzionario dell’amministrazione penitenziaria italiana nel rispondere agli ispettori del Comitato europeo per la prevenzione della tortura di Strasburgo, affermava che il 41 bis serviva a far parlare i detenuti. Una pratica che assomiglia tanto alla tortura. Tortura che in Italia non è reato. Quando si parla della Cina lontana la retorica dei diritti umani si spreca. Orge di parole in libertà.


Gasparri che si erge a difensore dei diritti umani è come Diabolik che prende il posto dell’ispettore Ginko. I diritti umani vengono così ridotti a merce e dialogo da salotto. I diritti umani sono invece una cosa seria. Ecco un breve elenco: il diritto alla casa delle popolazioni rom e sinti, il diritto all’integrità personale di chi viene fermato e arrestato e senza motivo malmenato, il diritto alla vita dei bambini innocenti chiusi in galera insieme alle loro madri, il diritto alla salute di chi vive in prigione senza luce naturale e quando esce dal carcere gli fanno male gli occhi.


I cultori dei diritti umani in Cina sappiano che in alcune carceri italiane si vive in sei in sedici metri quadri, si dorme al terzo piano di un letto a castello in celle dove ai tre detenuti manca lo spazio per stare contemporaneamente tutti e tre in piedi, si può restare chiusi in cella sino a venti ore al giorno. Sappiano anche che se dovesse essere approvata la contro-riforma dell’ordinamento penitenziario presentata dal presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, le galere scoppierebbero e non di salute.


Eliminare gli sconti di pena della liberazione anticipata significa tornare alle carceri dei primi anni Settanta, alle rivolte, alle violenze, all’insicurezza quotidiana. Berselli è dello stesso partito di Gasparri e della Meloni, quelli dei diritti umani in Cina. Siccome noi riteniamo che i diritti umani appartengano a tutti, nessuno escluso, abbiamo deciso di proporci come noi stessi i primi difensori dei diritti delle persone private della libertà.


Per questo, visto che il parlamento non ha ancora istituito un organismo indipendente di controllo dei luoghi di detenzione, abbiamo dato vita al difensore civico di Antigone. Chiunque voglia segnalarci casi o questioni può farlo scrivendoci in Via Principe Eugenio, 31 a Roma (cap 00153) o inviando una mail a difensorecivico@associazioneantigone.it.

Roberto Loddo ha detto...

Giustizia: Osapp; l’affollamento? causato da leggi criminogene

Agi, 27 agosto 2008

"Se il ministro della Giustizia non intende dare ascolto alle nostre indicazioni, almeno presti attenzione alle parole del Presidente della Comunità delle Opere quando sostiene che è tempo, com’era in origine e come è tuttora in altri paesi europei (Spagna e Germania su tutti), che la Polizia Penitenziaria recuperi anche una funzione attiva e decisamente propulsiva sul terreno della rieducazione". Così il segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp), Leo Beneduci, risponde alle dichiarazioni che il Guardasigilli Angelino Alfano ha rilasciato oggi al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini.

"Al ministro - continua Beneduci - ricordiamo come l’intero sistema sia sorretto dagli agenti di Polizia Penitenziaria, e che gli operatori, i cosiddetti educatori, non siano più in grado di dare l’impulso a quella funzione attiva che Scholz auspica anche per noi, perché di fatto non sufficienti. Se ci si convince di questo, si capisce quanto sia determinante comprendere il problema dei detenuti, costretti a patire le condizioni di un sovraffollamento giunto ormai alla soglia della tollerabilità".

L’indulto, ricorda l’Osapp, "è stato un esperimento fallimentare, anche se vogliamo ricordare come dagli anni 70 ci siano state ben 8 provvedimenti di clemenza", ma "la questione non sta tanto nelle misure che si adottano per svuotare le carceri, utili certo nei momenti di grave disagio, ma soprattutto nelle misure che incentivano gli ingressi e che inaspriscono ogni possibilità di redenzione del detenuto".

A tal fine, "al ministro della Giustizia che parla oggi di recidiva, intendendo coloro che sono stati riarrestati dopo il provvedimento del 2006, suggeriamo - osserva Beneduci - di focalizzare l’attenzione su misure legislative fatali, quali la legge ex Cirielli o la Bossi-Fini, o la Fini-Giovanardi, che nelle scorse Legislature hanno sbarrato la strada ad ogni via di recupero".

Dunque, se il ministro Alfano "vuole dar nuovo impulso ai piani che ha annunciato, nella prospettiva di un recupero della funzione a cui il carcere deve ambire e che ha ormai perduto, ci auguriamo - conclude Beneduci - che logiche particolaristiche come queste non siano più al centro di un progetto di riforma del quale siamo esclusivi interpreti".

Roberto Loddo ha detto...

Giustizia: Osapp; il "braccialetto" è iniziativa non lungimirante



Agi, 27 agosto 2008



"Condividiamo le perplessità di Di Pietro su l’intenzione del ministro Alfano di implementare l’utilizzo dei braccialetti elettronici quale misura alternativa alla custodia cautelare in carcere". Si esprime così il segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma di Polizia Penitenziaria (Osapp), Leo Beneduci, a proposito dell’ultima iniziativa proposta oggi a Rimini dal responsabile della Giustizia per risolvere il problema del sovraffollamento nelle carceri.

"Al ministro - spiega Beneduci - chiediamo coerenza e lungimiranza in quanto escludiamo che una misura come questa, tra l’altro prevista dal codice fin dal 2001, possa dare i suoi frutti. Condividiamo i dubbi di Di Pietro - aggiunge - non tanto per l’assurdità della proposta, quanto che a tale iniziativa si attribuiscano concreti effetti pratici, sia in termini di maggiore sicurezza per la collettività, sia di sicuro effetto per alleviare il sovraffollamento, quando l’ordinamento la contempla per chi ha il domicilio, e solo su base volontaria".

Tra l’altro, continua l’Osapp, "come ha tenuto a precisare il Presidente di Idv, fermo restando la scarsa praticità della misura nei confronti dei detenuti stranieri, che rappresentano il 40% dell’attuale popolazione penitenziaria, e che per la maggior parte dei casi è senza fissa dimora, ci chiediamo quale effetti di deterrenza potrebbe avere nei confronti di un affiliato alla criminalità organizzata di basso livello".

Roberto Loddo ha detto...

Giustizia: Uil; inutile costruire nuove carceri, soluzioni sono altre



Il Velino, 27 agosto 2008



"Con sofferta riflessione sento la necessità di sottolineare pieno dissenso rispetto alle ultime dichiarazioni dell’onorevole Di Pietro in materia di Giustizia. Definire, infatti, l’ipotesi paventata dal ministro Alfano del ricorso a strumenti elettronici per il controllo di soggetti ammessi a pene alternative come mere esternazioni estive lo colloca fuori dalla contemporaneità. Invocare, poi, tout court la costruzione di nuove carceri, quale risposta all’emergenza giustizia, alimenta una deriva giustizialista di cui il Paese non ha proprio alcuna necessità".

Così Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, esplicita nettamente il dissenso alle posizioni espresse dal leader dell’Idv sull’ipotesi di costruire nuove carceri. "Nel Paese di Cesare Beccaria ben altre e alte sono le risposte che la società si attende dai propri parlamentari. Ancor più quando - sottolinea Sarno - hanno esercitato in nome del Popolo Italiano la Giustizia. A meno che non voglia sottendere che il ricorso alle custodie cautelari o alle carcerazioni preventive debbano essere l’ordinario e non lo straordinario".

"Noi gridiamo forte il nostro dissenso verso chi crede di poter ammassare persone nelle galere per poi buttare la chiave, visti i tempi biblici della definizione dei processi. Siamo consapevoli, ma lo è anche Alfano - aggiunge il segretario generale della Uil Pa Penitenziari -, che il riscorso ai braccialetti elettronici non è la soluzione esaustiva. È, di contro, una delle soluzioni possibili atte a deflazionare, nell’immediato, il grave sovrappopolamento degli istituti penitenziari.

In fondo - prosegue Sarno - non tutti i detenuti sono stranieri e non tutti i detenuti sono privi di dimore dove poter scontare eventuali pene alternative. D’altro canto appena oltre i nostri confini nazionali tali strumenti sono in uso da tempo. L’onorevole Di Pietro ben sa che i tempi medi per la costruzione di nuove carceri sono incompatibili con la necessità, avvertita e reale, di una risposta concreta all’emergenza giustizia. E comunque dovrebbe anche dirci chi, come e quando andrebbe a gestire le nuove strutture". La Uil Pa Penitenziari giudica, inoltre, interessanti e condivisibili le dichiarazioni del ministro Alfano rese al meeting di Rimini in materia penitenziaria.

"Trovo molto interessanti, condivisibili e degne di attenzione le riflessioni che il ministro Alfano ha reso ieri a Rimini. La possibilità di espellere detenuti stranieri condannati. Il problema dei bambini detenuti con le madri; il lavoro quale strumento riabilitativo e rieducativo; la necessità di determinare percorsi trattamentali finalizzati al reinserimento effettivo sono temi che ci trovano assolutamente attenti e disponibili al dialogo e al confronto.

Sempreché - conclude il segretario generale - in tutto ciò non sfugga la necessità di riordinare, riorganizzare e rammodernare l’amministrazione penitenziaria anche attraverso una piena valorizzazione degli operatori penitenziari. Ovviamente priorità assoluta riveste, per noi, un nuovo assetto del Corpo di Polizia penitenziaria, a partire dall’istituzione della direzione generale del Corpo".

Roberto Loddo ha detto...

Cagliari: pericolo di vita per detenuto in sciopero della fame



Sardegna Oggi, 27 agosto 2008



Detenuto allo stremo a Buoncammino dopo un prolungato sciopero della fame. La denuncia arriva dalla consigliera regionale Maria Grazia Caligaris. Il giovane è in attesa di giudizio e respingendo le accuse mossegli non comprenderebbe le ragioni della prolungata detenzione in carcere.

La Caligaris chiede "un ricovero in una struttura ospedaliera per approfondire, con esami specifici, le cause psicologiche del grave gesto e per ripristinare condizioni fisiche idonee alla permanenza in carcere".

Un detenuto in attesa di giudizio, rinchiuso nel carcere di Buoncammino da un anno e 4 mesi, attua lo sciopero della fame dal 22 luglio scorso e si astiene dall’assumere liquidi dal 17 agosto. Le sue condizioni fisiche e psichiche destano preoccupazione e sono ormai incompatibili con la permanenza dietro le sbarre.

Lo denuncia la consigliera regionale socialista Maria Grazia Caligaris (Partito Socialista), componente della Commissione Diritti Civili, esprimendo preoccupazione per il "grave deperimento organico e per lo stato di depressione ansiosa in cui si trova il giovane detenuto".

Durante la visita in carcere l’esponente socialista lo ha invitato a sospendere la protesta per non compromettere ulteriormente lo stato di salute. "In oltre un mese di digiuno - sottolinea Caligaris - il detenuto, che ha 31 anni ed è alto 185 cm, ha perso 11 chilogrammi raggiungendo un peso di 53 chili. Il rifiuto di acqua e liquidi ha accentuato il processo degenerativo accelerando lo stato depressivo. Il giovane, che non è più in grado di reggersi sulle gambe, è assistito dal compagno di cella. Finora sono stati vani i diversi tentativi di farlo recedere dal proposito autolesionista".

"Non sono più sufficienti - ha sottolineato Caligaris - né le attenzioni dei medici dell’Istituto né degli Agenti di Polizia Penitenziaria. È invece urgente un ricovero in una struttura ospedaliera per approfondire, con esami specifici, le cause psicologiche del grave gesto e per ripristinare condizioni fisiche idonee alla permanenza in carcere".

"Il giovane, respingendo le accuse che gli vengono contestate, non riesce a rendersi conto della prolungata detenzione in attesa del processo. Il suo atteggiamento però può danneggiare in maniera irreversibile le condizioni psico-fisiche. È indispensabile - conclude Caligaris - che i giudici, in casi come questo, individuino soluzioni alternative al carcere in attesa che il processo accerti le reali responsabilità del detenuto. Restano ora incontrovertibili il grave deperimento organico e i rischi per la vita che richiedono immediati provvedimenti".

Roberto Loddo ha detto...

Dona un libro ad una persona detenuta

Da qualche anno il circolo "Chico" Mendes di Bologna gestisce una campagna permanente per la donazione di libri a persone detenute (carceri, cpt e opg), per contribuire a rompere la situazione di esclusione sociale, psicologica e sensoriale e di isolamento della popolazione carcerata e inviare materiali non di scarto ma di qualità, possibilmente, utili anche per percorsi di formazione professionale.

La drammaticità della situazione rende superflui altri commenti circa la necessità di cambiamento delle condizioni di vita all'interno degli istituti. Chiunque voglia collaborare può mettersi in contatto o inviare i libri a: circolo "Chico" Mendes via Polese 30 - 40122 BOLOGNA.

Roberto Loddo ha detto...

TENSIONE IN VIA PILATI - Lunedì sera il decesso di un algerino di 29 anni per infarto, poi gli incendi e le proteste

Muore un detenuto,
carcere in rivolta

Ieri mattina una cinquantina di maghrebini hanno occupato il cortile dopo l’ora d’aria. Polizia e carabinieri con caschi e scudi
Protesta rientrata dopo l’incontro col magistrato

TRENTO. La morte di un detenuto (per cause naturali, ma il magistrato, per fugare ogni dubbio, ha chiesto l’autopsia) ha dato il là ad una protesta dei carcerati come mai se ne erano viste a Trento negli ultimi dieci anni. Quasi una rivolta con i detenuti che nella notte hanno incendiato tutto quello che avevano a disposizione e ieri mattina per oltre due ore hanno occupato uno dei cortili. Con loro mattoni e calcinacci prelevati dalle pareti fatiscenti.
Una protesta per chiedere più assistenza sanitaria e condizioni di vita (e di vitto) migliori. Un fulmine a ciel sereno per la casa circondariale di via Pilati il cui direttore, quando si è reso conto che i detenuti «rivoltosi» erano una cinquantina, ha chiesto il supporto di carabinieri e polizia, con tutto l’equipaggiamento antisommossa al seguito. Alla fine caschi, scudi e lacrimogeni non sono serviti ma ci saranno comunque delle conseguenze: i detenuti, tutti identificati, saranno denunciati per danneggiamento.

Tutto è iniziato lunedì sera verso le 22 quando i compagni di cella di Rachid Basiz, 29 anni algerino clandestino, trasferito da mercoledì dal carcere di Pescara a quello di Trento, si accorgono che il giovane non si muoveva e era freddo. Hanno chiamato le guardie e il medico ha portato il ragazzo all’esterno. Era stato allertato anche il 118 ma per l’algerino non c’era nulla da fare: morto per arresto cardiaco. Fra le celle si sparge la voce che la morte sia imputabile ad una carenza di cure all’interno della struttura, e parte la protesta. I detenuti accendono fuochi e buttano fuori dalle celle le scodelle: il rumore si sente anche all’esterno. Intervengono il direttore Gaetano Sarrubbo e gli agenti e verso le 23.30 la situazione si calma. Ieri mattina la seconda parte. Molti detenuti non sono scesi nei laboratori e si sono fermati nei passeggi (ossia i cortili interni). Sono le 9.

Il direttore parla con 4 detenuti e la situazione sembra tranquillizzarsi ma una cinquantina di carcerati (sono 120 in totale) del passeggio A, tutti di origine maghrebina da qual momento occupano il cortile, rifiutandosi, di fatto, di tornare all’interno dopo l’ora d’aria. Sarrubbo chiede l’intervento delle altre forze di polizia e alla fine in carcere ci sono una quarantina di agenti pronti ad intervenire. Nel frattempo i detenuti avevano staccato alcune mattonelle e dei pezzi di intonaco dai muri. Come si preparassero ad utilizzarli.

In via Pilati arriva anche il magistrato di sorveglianza Monica Izzo cui i carcerati chiedono di far chiarezza sul decesso. Una richiesta non necessaria visto che l’autopsia era già stata decisa anche per chiarire se il giovane, con un passato di tossicodipendenza, abbia assunto sostanze proibite. Le altre richieste dei detenuti sono sulla loro vita dietro le sbarre. Chiedono un miglioramento del vitto (definito «immangiabile») e dell’assistenza sanitaria. Alla fine al gruppo di «rivoltosi» vengono dati 10 minuti per rientrare. In alternativa caschi e scudi sono pronti per essere utilizzati. Ma non è, per fortuna, necessario. Alle 13 è tutto finito.
«A Trento solo 24 detenuti hanno una condanna definitiva - scrive la deputata Rita Bernardini dei Radicali-Pd - 50 sono imputati, 36 appellanti e 6 ricorrenti. I detenuti tossicodipendenti sono 36 di cui 8 in trattamento metadonico. Se uniamo a questa situazione di sovraffollamento, di disagio e di carenza di personale, la fatiscenza dell’edificio, credo che sia facile per tutti rendersi conto che il carcere di Trento è una polveriera che rischia continuamente di esplodere».

«Solo una decina di agenti ieri era in servizio nel carcere a custodia dei circa 120 detenuti presenti, a fronte di una capienza massima prevista di 90 detenuti». Lo sottolinea il segretario generale della Uil Pa-penitenziari, Eugenio Sarno, il quale ricorda che «nelle ore pomeridiane e notturne il numero degli addetti al controllo è bassissimo».

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.