domenica 6 luglio 2008

Pm processo G8 Genova: alla Diaz fu un massacro!


di Lorenzo Guadagnucci

(Comitato Verità e Giustizia per Genova)


da Aprile on-line, 5 luglio 2008
Dalla Redazione del Centro studi
di Ristretti Orizzonti www.ristretti.it

La requisitoria di Zucca e Cardona Albini al processo per le violenze, i falsi, gli arresti arbitrari perpetuati alla scuola genovese durante il G8 del 2001. Per i pm ciò che accadde è stato il frutto di una sospensione dello stato di diritto. Su tutto questo potrebbe cadere l’oblio della salva premier, che rischia di cancellare i procedimenti penali su quel luglio drammatico. La requisitoria di Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini al processo per le violenze, i falsi, gli arresti arbitrari alla scuola Diaz durante il G8 del 2001, è prima di ogni altra cosa un omaggio alla legalità costituzionale, frutto di un senso di giustizia che non accetta di piegarsi alle pretese d’oblio che vengono dalla politica, dai vertici dello stato.


Zucca, introducendo la requisitoria, ha parlato di "sospensione del codice penale" e non solo dello stato di diritto, descrivendo il processo Diaz come una via di mezzo fra i procedimenti per stupro - nei quali "si passa al discredito della vittima"- e i procedimenti per mafia, in cui la ricerca della prova avviene "in un ambiente in cui omertà, coperture, impenetrabilità rendono il lavoro difficile". Da un lato, dice insomma Zucca, si cerca di screditare le vittime in quanto "no global", "estremisti" e via dicendo, dall’altro la polizia fa ostruzionismo e sceglie di non collaborare alla ricerca della giustizia. Oggi Cardona Albini ha parlato senza mezzi termini di "massacro", negando ogni alibi o giustificazione gli autori del sanguinoso blitz. Sono parole pesantissime.


Zucca e Cardona Albini sono magistrati prudenti e pazienti: fattori questi che rendono straordinarie, e al tempo stesso angoscianti, le loro affermazioni. Sono arrivati a queste conclusioni con sofferenza, senza compiacimento. E affrontando enormi difficoltà. Hanno condotto un’inchiesta delicata contro altissimi dirigenti delle forze dell’ordine nonostante vertici di polizia omertosi, a fronte di parlamenti e governi ostili, davanti a un’opinione pubblica in larga misura indifferente. Hanno anche subito attacchi personali clamorosi - in particolare Enrico Zucca - e aggirato ostacoli d’ogni tipo, alcuni anche plateali, come l’invio, da parte dei vertici di polizia, di elenchi incompleti degli agenti partecipanti al blitz, come il mancato riconoscimento di una delle 14 firme poste in calce al verbale d’arresto, come la scomparsa - dalla questura di Genova! - delle due bombe molotov custodite come prove del processo, come la scelta opportunistica di 27 dei 29 imputati, che pur essendo servitori dello stato (alcuni con compiti di altissimo rilievo) si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande dei pm, come imputati qualunque.


Zucca e Cardona Albini sanno già che il processo non avrà conseguenze penali effettive, perché la prescrizione è attesa pochi mesi dopo la sentenza di primo grado (prevista per il prossimo ottobre). E conoscono anche il rischio che incombe con l’emendamento ‘salva premier’ sia sul processo Diaz sia su quello riguardante i maltrattamenti verso i detenuti alla caserma di Bolzaneto (sentenza prevista il prossimo 21 luglio), che rischiano d’essere sospesi per un anno e alla fine d’essere cancellati del tutto, visto che un minimo intoppo procedurale potrebbe allungare i tempi fino alla prescrizione prima ancora delle sentenze.


I pm sanno tutto questo ma portano avanti il processo come sempre, con l’attenzione e il rigore mostrati in tutte le fasi del procedimento. Non sono eroi, ma funzionari pubblici che fanno lealmente la loro parte. Non si può dire altrettanto degli altri protagonisti di questa vicenda, collocati ai piani alti delle forze dell’ordine, del governo, della politica. In questi anni i maggiori imputati per un episodio che ha scandalizzato il mondo, sono stati promossi; il parlamento ha rifiutato di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta; i premier e i ministri che si sono succeduti, non hanno avuto il coraggio e la dignità di ripudiare quell’episodio e di chiedere scusa alle vittime e alla cittadinanza.


Nel 2001 l’Italia precipitò in un abisso di illegalità, sfiorando l’eversione di stato. In questi anni non è stata capace di risollevarsi. Il "massacro" della scuola Diaz resterà impunito sotto tutti i profili: giudiziario, politico, etico-professionale. È già una certezza. Perciò questo processo è una spia dello sfacelo morale e politico che sta minando la nostra democrazia.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Carcere, Alfano: modifiche a 41bis per garantire regime "duro"

lunedì, 7 luglio 2008 6.13


MILANO (Reuters) - Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha detto oggi di voler modificare alcune parti dell'articolo 41bis dedicato al regime carcerario "duro" per evitare che possa essere interpretato in maniere distinte da diversi giudici, consentendo ad alcuni carcerati maggiori contatti con l'esterno.

"Ho incaricato l'Ufficio legislativo di predisporre alcune modifiche legislative dell'attuale 41bis, per risolvere le carenze dovute alle interpretazioni ... in merito all'attuale capacità di collegamento del soggetto con l'esterno", ha detto il ministro, secondo una nota diffusa dal dicastero di via Arenula.

L'articolo 41bis fu pensato per limitare al massimo i contatti fra di loro e con l'esterno ai membri di associazioni criminali di stampo mafioso ed è ritenuto uno degli strumenti più temuti dai criminali.

Dopo le polemiche apparse nelle ultime settimane sui media riguardo all'applicazione sempre più blanda dell'articolo 41bis, dovuta a divergenze nell'interpretazione del testo della legge, il Guardasigilli ha voluto sottolineare la fermezza del governo in tema della lotta alla mafia, esortando l'opposizione a collaborare.

"Ho dato mandato al Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria, ndr) di assicurare con ogni mezzo la massima efficienza nel funzionamento del regime speciale", ha detto Alfano.

"E' mia intenzione sollecitare un'attenta riflessione parlamentare, che riguardi tutte le forze politiche, per individuare gli opportuni interventi riformatori in grado di assicurare l'assoluta impermeabilità delle strutture carcerarie".


da Reuters

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.