giovedì 21 febbraio 2008


Il dopo indulto.

"Carceri e pene, serve una politica nuova"

di Riccardo Arena
50.220. E’ il numero delle persone detenute nelle 205 carcere italiane.
Carceri costruite per ospitare solo 42.213 detenuti.
8 mila. E’ il numero del sovraffollamento. Un numero destinato a crescere, visto che nelle carceri entrano una media di 1.000 detenuti al mese.
Un dato, questo, che consente una facile quanto infausta previsione per il futuro. Senza concreti interventi della politica, nel giro di qualche mese sarà di nuovo emergenza negli istituti di pena.
50.220. E’ anche il numero dell’indulto fallito. O meglio, è il numero di una politica che ha fallito sull’indulto. Una politica che, dopo aver votato l’atto di clemenza, doveva approvare le riforme necessarie per rendere più funzionale e giusto sia il sistema delle pene che il sistema carcerario. Riforme che non sono state fatte.
50.220 sono i detenuti in Italia. Eppure: “Il condannato è merce rara in carcere”. La frase, detta dal direttore di un penitenziario, coglie nel segno. Individua un’altra grave disfunzione delle carceri italiane. L’abnorme numero di detenuti in attesa di un primo giudizio.
17 mila, sono i detenuti sottoposti a misura cautelare che attendono un primo processo. Mentre solo 18 mila sono i detenuti condannati in via definitiva. La causa: il cattivo funzionamento del processo penale, la sua durata irragionevole.
17 mila presunti non colpevoli che scontano il carcere come i colpevoli. Se non peggio. Spesso, infatti, le persone detenute in attesa di giudizio vengono rinchiuse nelle carceri delle grandi città. Carceri vecchie e degradate. Luoghi inidonei alla detenzione. Carceri sovraffollate proprio a causa dell’eccessiva presenza di persone in misura cautelare. E’ quanto si registra nel carcere Ucciardone di Palermo, a Poggioreale di Napoli, a Regina Coeli di Roma, al Buon Cammino di Cagliari, nel carcere San Vittore di Milano. Per citare solo alcuni esempi.
Numeri sul carcere. Numeri che parlano. Che dicono l’occasione persa con l’indulto. Numeri che ripropongono con urgenza la questione carcere e sistema delle pene. Una questione che la politica sembra non voler affrontare. Una questione che, invece, deve essere affrontata con un progetto sul carcere e sulle pene. Un progetto politico nuovo che ridia effettività alla pena e funzionalità alle carceri, seguendo criteri di giustizia e di economia.
L’edilizia penitenziaria. Occorre chiudere le carceri vecchie e costose. Le città italiane sono disseminate da carceri dell’800. Carceri spesso situate nei centri storici delle città. Strutture che hanno un enorme valore sul mercato immobiliare. Bisogna vendere queste carceri e, con i soldi ricavati, realizzare nuove strutture. Strutture diverse a seconda della tipologia dei detenuti. Per i detenuti condannati, carceri sicure già esistono. Quelle che mancano sono carceri utili alla pena. Strutture dove, per esempio, il detenuto possa imparare un lavoro, dove si possa realizzare sul serio un percorso rieducativo incentrato sull’individuo.
Per chi è in misura cautelare, servono strutture detentive diverse e meno afflittive del carcere. La custodia del presunto non colpevole deve per sua natura essere improntata a criteri differenti rispetto a quelli del condannato. Il pericolo di fuga della persona indagata, dovrebbe essere il parametro di riferimento per la realizzazione di queste nuove strutture. Più sicure per il mafioso, meno per il tossicodipendente o per chi è indagato per certi reati.
La realizzazioni di strutture diverse dal carcere per chi è in misura cautelare, non solo risponderebbe a criteri di giustizia, ma consentirebbe una forte riduzione dei costi.
Infine, occorre investire ancora sulla ristrutturazione delle carceri esistenti. Qualche intervento è stato fatto, ma non è sufficiente. Basta pensare che su 28.800 celle, che compongono le carceri italiane, solo 4.700 sono a norma. Ovvero rispettano quanto previsto dal regolamento penitenziario del 2000.
Il sistema delle pene. Serve una politica nuova che intervenga sul sistema sanzionatorio. Una politica che depenalizzi alcune ipotesi di reato, ma che soprattutto introduca pene diverse dal carcere e dall’ammenda. Due sanzioni che oggi appaiono inadeguate per la punizione di determinati reati o determinati soggetti. Occorre pensare a nuove tipologie di pene per far sì che tutti siano puniti, se pur in modo diverso. Sanzioni diversificate ma efficaci e certe per il rapinatore come per il corruttore. In molti casi, la rimessa in pristino, i lavori socialmente utili, ma anche pesanti sanzioni patrimoniali, sarebbero pene più efficaci e avrebbero una maggiore portata deterrente rispetto a quelle esistenti.
Nuove tipologie di pene che consentirebbero al giudice di applicare la sanzione più idonea al caso concreto, alla persona che la deve scontare.

www.radiocarcere.com, 21 febbraio 2008

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