venerdì 22 febbraio 2008

Giustizia: escludere gli ex terroristi avvilisce la democrazia




di Sergio Segio (Società INFormazione)


Lettera alla Redazione di Ristretti Orizzonti, 22 febbraio 2008



Il veto posto dai vertici del Pd nei confronti della candidatura di Sergio D’Elia, oltre a negare ogni valore etico al cambiamento, costituisce uno strappo alle stesse regole di quel neonato partito e cozza contro ogni regola giuridica e principio costituzionale. Vale a dire con la legge suprema di quella democrazia che, oltre due decenni fa, per fortuna ha sconfitto la violenza armata.


Sergio D’Elia, dopo aver scontato per intero la condanna ricevuta per la militanza in Prima Linea negli anni Settanta, tempo addietro ha ottenuto la cosiddetta "riabilitazione", istituto che, ai sensi dell’art. 178 del codice penale, estingue ogni pena accessoria ed effetto penale della condanna ricevuta.


Peraltro, è uno dei pochissimi a trovarsi nello stato del "riabilitato", dato che questa misura viene quasi sempre negata agli "ex terroristi", interpretando surrettiziamente uno dei commi ostativi, secondo il quale il beneficio non può essere concesso qualora l’interessato "non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle". Una norma tesa al risarcimento economico ma, il più delle volte, nella discrezionalità del giudice, tradotta in una precondizione di "perdono" da parte dei parenti delle vittime, che raramente sussiste.


D’Elia, nonostante sia persona che ha pagato per intero i propri errori di 30 anni fa, nonostante sia appunto giuridicamente "riabilitato", nonostante sia da decenni quotidianamente impegnato per promuovere una cultura della nonviolenza, non potrà dunque candidarsi. Lui stesso, peraltro, in questi giorni è parso disponibile a un passo indietro, memore della precedente esperienza: dopo che nelle ultime consultazioni era stato eletto, divenendo deputato, è stato letteralmente e pubblicamente linciato per mesi sui media. Una campagna che non si è limitata al concreto disprezzo della Costituzione, ma finanche a quello della Bibbia, laddove ha alimentato un sito dal significativo nome "Nessuno voti Caino".


Si dirà, e si è detto, quei drammatici errori non vengono superati e azzerati semplicemente scontando la condanna; richiedono un di più di discrezione e di ritegno. L’accesso a incarichi parlamentari può ferire sentimenti ed essere percepito come immeritato privilegio.

Un argomento che meriterebbe magari non consenso (sono infatti convinto che si tratti invece di una simbolica e potente rappresentazione della supremazia della democrazia e delle sue istituzioni sulla violenza armata) ma certo considerazione.


Se non fosse per un particolare: il medesimo linciaggio è toccato e tocca a chiunque altro degli "ex terroristi", dissociato o meno che sia, abbia la sventura di essere oggetto di articoli di stampa e proteste, prontamente alimentate e cavalcate da qualche esponente politico in cerca di visibilità, che si fa scudo dei sentimenti dei parenti delle vittime. Di quei sentimenti e di quelle persone occorre certo tenere debito conto, riconoscendo loro vero rispetto e reale considerazione, anziché strumentalizzarli a fini politici o allo scopo recondito di imporre il silenzio su quegli anni, ancora in parte da sviscerare.


Sono recenti i casi di Susanna Ronconi, che si vorrebbe impossibilitare a lavorare anche nel Terzo settore, di Renato Cucio cui si vorrebbe impedire ogni apparizione pubblica, del br Vittorio Antonini, ora impegnato sui temi carcerari o dell’ex ordinovista nero Pierluigi Concutelli e - mi si consenta - del sottoscritto, frequentemente oggetto di inviti alla gogna e alla costrizione al silenzio da salotti televisivi o dalle colonne di autorevoli quotidiani.


Il combinato disposto tra malafede di molti opinionisti, disinformazione della pubblica opinione sollecitata a interessate rimozioni (a partire dalle responsabilità istituzionali nella strategia della tensione) e "doppiopesismo" nella considerazione delle vittime, e una più generale cultura intollerante ormai saldamente insediata a livello politico e sociale, ha prodotto questa consolidata situazione in cui prevale - è stato scritto sulla vicenda Ronconi - una irragionevole persecuzione e una cultura della gogna.


Tanto che ci è creata una vera e propria black list, una lista di proscrizione periodicamente pubblicizzata sulle colonne dei giornali e rimbalzata da blog e siti internet in cui finisce chi non accetti la morte civile, imposta extra legem da queste campagne, non sia riuscito a farsi dimenticare o anche, semplicemente, abbia la sventura di essere preso di mira per qualsivoglia circostanza.


Alla solidarietà umana e fraterna per Sergio D’Elia, alla considerazione per Marco Pannella e per i radicali, storicamente e coraggiosamente capaci di battaglie solitarie e scomode, voglio unire un appello "politico" rivolto a quella composita sinistra (comunista, democratica, ecologista, pacifista, socialista, liberale e libertaria) che afferma di voler competere, pur senza asprezze, con il partito di Veltroni (che, sono certo, non è un monolite su questa questione, pur se regna assordante un prudente silenzio): Oltre a tanti temi economici, sociali e ambientali, è rimasto progressivamente in questi anni orfano il tema dei diritti civili, dello stato di dirittoe della democrazia "mite" e includente. La persecuzione nei confronti degli "ex terroristi" non è altro che la cartina di tornasole di un più complessivo problema: quello di una idea di società claustrofobica e intollerante che ha preso saldamente piede nella Seconda Repubblica.


Per contrastarla servono anche gesti simbolici e controcorrente, tanto più in un periodo elettorale segnato dall’equivalenza dei programmi e delle maggiori forze politiche. Si apra dunque la porta che il Pd ha chiuso, si rendano ospitali le liste a ex terroristi, ex detenuti, tossici, immigrati, operai, precari, ai tanti paria e invisibili che questa "politica dei valori" e delle apparenze, verticale e autoritaria, sta producendo. Come ha scritto oggi Gustavo Zagrebelsky: "Non si parla mai tanto di valori, quanto nei tempi di cinismo".

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