La Nuova Sardegna, 21 maggio 2009
Diritti dei detenuti e ruolo del volontariato nelle carceri. Questo il tema del convegno regionale "Volontariato carcere Giustizia" che si terrà sabato a Macomer nel salone della parrocchia Sacra Famiglia di Nazaret. Interverranno direttori e operatori penitenziari. L’inizio dei lavori è fissato per le ore 9. Il convegno andrà avanti per l’intera mattinata. Lo organizzano la Delegazione regionale della Caritas, la Conferenza regionale volontariato Giustizia e l’associazione Cappellani carceri sarde.
Il programma prevede in apertura una relazione di Elisabetta Laganà, presidente della Conferenza nazionale del volontariato giustizia la quale parlerà dei diritti dei detenuti e della costituzione italiana. Seguirà l’intervento di Giampaolo Muresu, delegato regionale dei cappellani delle carceri sarde, che parlerà sul tema "Il volontariato nelle carceri della Sardegna". Interverrà ancora Giampaolo Cassitta, dirigente dell’Ufficio detenuti e trattamento Prap, il quale si soffermerà sul ruolo del volontariato con una relazione su "Quale collaborazione con l’Amministrazione penitenziaria".
Seguiranno gli interventi dei direttori e operatori penitenziari e il dibattito di approfondimento dei temi trattati. É prevista la presenza al convegno degli assessori regionali alla Sanità e Politiche sociali, Antonello Liori, e alla Pubblica Istruzione, Lucia Baire, del provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Francesco Massidda, del direttore del centro di Giustizia minorile per la Sardegna, Sandro Marilotti, e del direttore regionale della Caritas, Roberto Sciolla.
Nell’ambito dell’incontro, che si propone di scandagliare il mondo carcerario in tutte le sue sfaccettature e di dare risposte ai tanti interrogativi su cosa sia giusto fare per rendere le carceri luoghi di rieducazione e di reinserimento sociale, si affronteranno tanti aspetti del problema. Si parlerà, della situazione attuale delle carceri sarde, di misure alternative alla detenzione e del volontariato all’interno delle strutture carcerarie. Fra i temi del convegno gli articoli della riforma carceraria che parlano di rieducazione e trattamento del detenuto e della partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa.
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Il sociologo: 90% di indultati non è tornato a delinquere
Redattore Sociale - Dire, 23 maggio 2009
Parla Giovanni Torrente, docente di Sociologia giuridica e autore della ricerca "Indulto. La verità, tutta la verità, nient’altro che la verità": nove persone su dieci non sono tornate a delinquere.
Si può parlare davvero di fallimento dell’indulto? Le carceri sempre più piene e straripanti hanno davvero riaperto le porte a persone che perlopiù avevano beneficiato della legge? Non ne è per nulla convinto Giovanni Torrente, docente di Sociologia giuridica dell’Università della Valle d’Aosta e autore della ricerca "Indulto. La verità, tutta la verità, nient’altro che la verità". Anzi, l’esperto garantisce il contrario: la recidiva degli indultati è assolutamente sotto la media.
La sua considerazione sul non fallimento dell’indulto nasce da un monitoraggio attento dei dati relativi agli ingressi e ai reingressi nelle strutture penitenziarie nel periodo successivo al varo della legge nel 2006: "La televisione e i giornali ci dicevano che molte persone uscite in questo modo dal carcere vi erano rientrate a distanza di pochi giorni. Ma spesso i media dicono le cose senza porsi il problema di verificarle, per questo è nata la mia ricerca che ha smentito questo luogo comune" ha infatti spiegato nel corso della giornata di studi "Prevenire è meglio che imprigionare".
Lo studio, infatti, ha analizzato i dati relativi ai 27.607 detenuti usciti con l’indulto e a un campione di 7.615 persone che beneficiavano di misure alternative. Nei 26 mesi successivi alla legge la recidiva nel primo caso si è fermata al 26,9%, mentre nel secondo caso è risultata al 18,57%. "Questi dati significano che nove persone su dieci non sono tornate a delinquere - spiega Torrente -. La media degli indultati tornati in carcere risulta dunque inferiore rispetto a quella del dato complessivo sulla recidiva che tocca quota 68%". Si tratterebbe, secondo l’esperto, di un altro esempio di cattiva informazione che non si pone le giuste domande e non cerca le giuste verifiche, ma anche di una evidente strumentalizzazione a fini politici.
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