sabato 22 novembre 2008

Cagliari: i sindacati denunciano; carcere di Iglesias al collasso


La Nuova Sardegna, 22 novembre 2008


Centodiciotto detenuti presenti. Quattro in arrivo. La capienza ufficiale delle celle è di 59 persone. L’affollamento è doppio. Quello scatolone recintato a cui l’architettura penitenziaria ha consegnato le aspirazioni di piccolo bunker ma ne ha storpiate le sembianze, è al collasso. La Uil regionale dei Lavoratori della pubblica amministrazione ha dichiarato ieri lo stato di agitazione del personale. Anche su questo fronte i numeri non tornano, la pianta organica non è adeguata all’impegno richiesto. Il primo intervento invocato dai sindacati è netto: eliminare subito due sezioni detentive. Poi una serie di misure destinate a modificare decisamente la situazione. Se non ci saranno risposte tangibili, la Uil preannuncia iniziativa di protesta più marcate in tempi rapidi.


"Ma occorre aprire subito, e parliamo di ore non di mesi, un tavolo di concertazione regionale al Prap (provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria) per affrontare tutte le problematiche dell’istituto", dice Roberto Picchedda, segretario regionale della Uil pubblico impiego e comparto sicurezza. "Una tappa che deve fare lo stesso cammino con un confronto generale nazionale sui nodi degli organici complessivi della Sardegna, sia per la polizia penitenziaria e sia del comparto ministeri (educatori, ragionieri, assistenti amministrativi, infermieri, anche in considerazione del fatto che il passaggio della sanità penitenziaria alle aziende sanitarie è ancora in forse)".


In questo scenario, dice il sindacalista, quella dell’istituto di Iglesias "è una delle realtà più deficitarie". Se ne è parlato a lungo martedì in un incontro ospitato nella struttura in località Sa Stoia. La riunione è stata chiesta a lungo e con determinazione dal coordinamento regionale Uilpa penitenziari Sardegna.

Alla direzione del carcere è stata ancora una volta ribadita la difficoltà generale e le "gravi" condizioni operative del personale di polizia penitenziaria. La denuncia è severa: "Da tempo - ricorda Picchedda - la Uil denuncia la grave situazione di abbandono nella quale l’amministrazione penitenziaria tiene l’istituto dell’Iglesiente. Situazione che in questi ultimi tempi si è ulteriormente aggravata con l’arrivo di altri detenuti". Una crescita costante ma anche rapida, tanto che Picchedda parla di "escalation": 118 detenuti presenti, altri 4 in arrivo. Quadro a tinte fosche. Le quattro sezioni detentive sono piene e l’affollamento delle celle ha imposto il ricorso ai letti a castello a tre posti. L’istituto ha una capienza regolamentare di 59 detenuti, mentre il traguardo di oltre centoventi che si registrerà nei prossimi giorni "rende difficile avviare anche l’operatività giornaliera", osserva amareggiato Picchedda.


Il personale di polizia penitenziaria che garantisce le attività di custodia e di trattamento conta 38 unità nel servizio istituzionale per quattro turni giornalieri di 6 ore "e i livelli di sicurezza sono ai minimi termini". Non va meglio negli uffici. I conti del sindacato sono gelidi: manca personale dell’area educativa, mancano i ragionieri, gli assistenti amministrativi. Il personale di polizia, con circa una decina di unità deve garantire anche l’operatività di questi settori. Non basta: il dirigente dell’istituto non è in pianta stabile e manca un commissario: "Per una sede che recentemente è stata promossa al rango di sede dirigenziale non è affatto trascurabile", fa notare il sindacalista. Tutt’altro che felice è anche la qualità dell’edificio, esposto all’avarizia delle manutenzioni fin dalla sua inaugurazione, una ventina di anni fa. "Già - commenta sconsolato il dirigente della Uil - non c’è alcuna possibilità di avviare manutenzione ordinaria del fabbricato, che comincia ad accusare il peso del tempo e della mancanza di interventi anche minimi ma necessari per ripristinare normali situazioni di vivibilità". Disagio e sofferenza su tutti i fronti, anche sui più delicati, casomai si potesse fare una graduatoria.


"La cosa più grave - ribadisce Roberto Picchedda - è che in questo sovraffollamento, la popolazione detenuta è totalmente priva di assistenza medica e infermieristica nelle ore notturne, dalle 20 della sera alle otto della mattina successiva". I ranghi ridotti non fanno abbassare la guardia e i servizi vanno comunque avanti. Sforando dalle competenze proprie del Corpo, il personale della polizia penitenziaria "si prodiga come può" per fronteggiare l’emergenza ma è impossibile sostituire la presenza di una guardia medica nelle ore notturne. "Colpa dei tagli indiscriminati operati nei fondi destinati all’assistenza sanitaria dei reclusi", dice senza mezzi termini il sindacalista. Un castello di carte, dove ciascuna condiziona e garantisce l’equilibrio delle altre ma se casca una vengono giù tutte. Il collasso del carcere di Sa Stoia è la miscela di tutti i guai che vi si sommano. La mancanza di personale negli organici della sicurezza infonde una sensazione di precarietà sul fronte della sicurezza, pesa sulla conduzione dell’istituto e mette a rischio l’incolumità del personale. Il sindacato lo sa bene: "Lo abbiamo dichiarato alla direzione del carcere: questo stato di cose, unito all’assoluta assenza dell’amministrazione centrale, non può che determinare nel personale senso di frustrazione, abbandono e il crescere di uno situazione di stress psico-fisico che alla fine produce una condizione di malessere fisico difficile da governare e da evitare".


Sotto questa pressione la via d’uscita che permette di recuperare uno sprazzo di serenità è proprio alla voce che di questi tempi tanto fa discutere. Non ha timori a dirlo il segretario della Uil: "Non resta che il ricorso alla malattia per sfuggire a ciò che non sembra trovare soluzioni immediate". Far finta di nulla quando l’indice di tollerabilità sembra alla punta massima non si può, perlomeno non si può più.

Stavolta la voce del sindacato risuona da un valore più alto delle proposte e delle richieste, ora le soluzioni sono invocate, pretese, e con efficacia rigorosa, spiega Picchedda: "Certo, abbiamo chiesto alla direzione di farsi portavoce al Provveditorato perché attui uno sfollamento delle sezioni detentive, almeno di due sezioni, in modo da recuperare unità di personale e poter così ripristinare la fruizione dei diritti fondamentali del personale, quali il riposo settimanale, il congedo ordinario, i riposi compensativi maturati a seguito del lavoro straordinario effettuato a copertura delle unità mancanti". Insomma, un’agenda corposa che secondo la Uil può essere sfogliata e discussa solo con l’amministrazione penitenziaria regionale e in un quadro d’insieme nazionale. "La direzione dell’istituto - ammette lo stesso sindacalista - si trova impotente a gestire la situazione e non trova soluzioni locali, mentre rimanda al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e al dipartimento del ministero i correttivi necessari".


Sui tasselli da sistemare non ci sono dubbi. Sono stati elencati con dettaglio dal sindacato. Contestuale allo sfollamento delle due sezioni dovrà essere l’invio di un contingente di unità di polizia penitenziaria che permetta almeno di ripristinare l’organico previsto dal decreto ministeriale dell’8 febbraio 2001 che è di 52 unità: 5 ispettori, 5 sovrintendenti, 39 uomini e 3 donne per ruolo degli assistenti e agenti, per un totale di 49 uomini e 3 donne. La forza attuale è di 46 uomini e 2 donne.

Occorre poi ripristinare, attraverso l’assegnazione di fondi adeguati, il servizio di guardia medica e infermieristica notturna feriale. Necessaria inoltre la dotazione di organico adeguato da destinare al nucleo traduzioni e piantonamenti (ora il servizio è svolto dalla Casa circondariale di Oristano, per via delle carenze).

4 commenti:

Rifondazione Libera ha detto...

ORA D'ARIA


L'illegale detenzione
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nel carcere di Torino

di
Riccardo Arena

Carcere di Torino. Costruito per contenere 920 detenuti, ne ospita invece 1.558. Un po’ troppi. Non a caso nelle piccole celle, che misurano tutte meno di 6 mq, ci stanno due persone detenute, invece di una.
Ma non basta. A Torino i detenuti sono talmente tanti che per alcuni di loro lo spazio in cella non c’è. E così vengono messi altrove. Ovvero in luoghi dove la detenzione viene eseguita in modo difforme rispetto a quanto stabilito dalla legge. Così, mentre ci leggete, 42 persone detenute sono costrette a dormire per terra nella palestra del carcere. Alcuni hanno un materasso, altri no. Alcuni hanno una coperta, altri no. Appena fuori dalla palestra del carcere ci sono un paio di docce e tre water. Servizi insufficienti per 42 persone. Servizi che spesso sono resi inutilizzabili per evidenti ragioni.
“E’ una grave situazione che si ripercuote sulla salute e sulla dignità dei detenuti e degli agenti, costretti a vivere tra il cattivo odore e pericolose carenze igieniche”. Sono le parole di Gerardo Romano, segretario regionale del sindacato Osapp della polizia penitenziaria, in servizio da 28 anni nel carcere torinese.
Ma va ancora peggio nella camera di sicurezza dell’infermeria. Si tratta di una piccola stanza senza bagno.
Una stanza non pensata per la detenzione, ma come una sorta di sala d’attesa per il detenuto che deve fare una visita medica.
Lì per terra ci dormono ammucchiate una sull’altra 15 persone detenute.
Difficile parlare di detenzione, di legge, di rispetto della persona detenuta nel carcere di Torino.

Rifondazione Libera ha detto...

Consiglio Regionale della Sardegna

XIII LEGISLATURA

Gruppo P.R.C. - Partito della Rifondazione Comunista

il Vicepresidente

All'On. Renato Soru

Presidente della Giunta Regionale della Sardegna

Cagliari, 18 novembre 2008

Oggetto: sanità penitenziaria.

Gentile Presidente,

in riferimento all'assistenza sanitaria nelle carceri sarde, vi è un malessere diffuso e molta preoccupazione, in quanto non si conosce, in modo preciso, come sarà dal 1 Gennaio 2009 il nuovo modello organizzativo con il passaggio di competenze dal Ministero della Giustizia alla Regione. Come ben sa, dal 30 Maggio di quest'anno la riforma approvata dal Parlamento ha trasferito la sanità penitenziaria alle Asl, ma questo che potrebbe sembrare un semplice passaggio di consegne, si è delineato come un impegno molto complicato. Sul piano pratico, infatti, ci sono diverse difficoltà: nel settore operano 15 medici incaricati, 50 professionisti assegnati alle guardie, 60 infermieri (di ruolo e a parcella), che presto dovranno ascoltare le direttive del Ministero del Welfare. Al medesimo ministero, e dunque anche alle Asl e agli assessorati, dovranno sottostare tutti i cardiologi, radiologi, oculisti e altri per le visite specialistiche, ma pochissimi tra loro conoscono le prestazioni sanitarie che dovranno ricevere i detenuti. Alcuni colleghi del Consiglio regionale hanno presentato di recente delle interrogazioni in merito a questo problema, chiedendo l'intervento della Giunta regionale, ma purtroppo la stessa Giunta non può risolvere nulla, in quanto la normativa generale – come giustamente afferma Pier Paolo Pani, responsabile del Servizio Integrazione che fa capo alla direzione delle politiche sociali dell'Assessorato alla Sanità della Sardegna – che attua il trasferimento delle competenze nel caso delle regioni a statuto speciale come la nostra, prevede che il passaggio venga fatto sulla base di un accordo stipulato da una commissione costituita da due membri designati dalla Regione e due incaricati dal Governo nazionale. La convocazione di questa commissione è compito però dell'esecutivo nazionale, per cui finchè il Governo non provvederà ad organizzare questa riunione decisiva, non sarà possibile arrivare alla soluzione del problema. Mi rivolgo, dunque, a Lei, Presidente, chiedendo alla S.V. di poter sollecitare il Governo affinché convochi al più presto questo comitato, in modo da riuscire a risolvere per tempo questa difficile situazione e ridurre i tempi d'attesa che hanno causato tutto questo sconcerto e malessere nel settore della sanità penitenziaria.

Cordiali saluti.

On. Ignazio Paolo Pisu

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.