In discoteca, al pub, alla festa sulla spiaggia, la droga “cala”, e un’altra ragazza è stramazzata a terra, in coma, è morta.
C’è una maledetta disinformazione che parte da una comunicazione sonnolenta, ripetuta senza scalfire alcuna emozione, spesso didattica, già vecchia, troppe volte elargita da cattedre impolverate che nulla consentono alla possibilità di liberare la libertà, nel senso di immaginare un percorso di vita denudato dai falsi miti e dalle false aspettative, soprattutto da quella falsa normalità, che maschera nei migliore dei casi una avvenuta dipendenza.
“Non mi calo” per essere contro, per trasgredire e stupire con rumore, “ mi calo” per essere pronto a dire, a fare, a pensare svelto e non dormire.
Questa nuova sostanza è peggio delle altre, non sei in giro come un tossico, additato e contuso dallo sdegno benpensante, no, è magica pasticca che consolida la tua presenza nel consorzio sociale, che nasconde il peso dell’impegno lavorativo, che rende più dolce la linea mediana di una vita banale.
Noi adulti preferiamo conservare la nostra integrità e capacità di educare, caricando i nostri interventi sul versante antisociale dei giovani, ma non facciamo al problema droga un buon servizio di prevenzione, non capiamo che oggi, per la stragrande maggioranza dei ragazzi, “calarsi” è normale, semplice, non è protesta di alcuno né di alcunché, è solamente un modo per stare comodi, tra fatica e divertimento.
(nell'immagine) Chidi Okoye - "invasion of glory"
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