lunedì 30 giugno 2008

Salviamo la legge Gozzini! Aderiamo all'appello della redazione di “Ristretti Orizzonti”


Salviamo la legge Gozzini!
Una legge che crea Sicurezza

Il Disegno di legge “Berselli” (n. 623), che mira a ridurre drasticamente i “benefici penitenziari”, abolendo la liberazione anticipata, vietando la semilibertà per gli ergastolani e, in generale, rendendo più difficile l’ammissione a tutte le misure alternative, a nostro avviso rappresenta un pericolo gravissimo per il reinserimento dei detenuti, per il governo delle carceri e, infine, per la sicurezza di tutta la società.

Ha senso rinunciare, in un momento in cui al centro dell’attenzione di tutti c’è la voglia di vivere più sicuri, a una legge che da anni contribuisce proprio a creare SICUREZZA? Si respira, nella società libera, sempre più paura e ansia per la sicurezza e per la qualità della propria vita, e in carcere intanto, tra le persone detenute cresce l’ansia che nessuno “fuori”, abbia più voglia di riaccogliere chi ha commesso reati, ma ha anche iniziato un faticoso percorso di reinserimento. C’è una legge, così importante, che permette a chi sta in galera di avviare un lento rientro nella società fatto di piccoli passi, che vanno dai permessi premio alle misure alternative alla detenzione, e di coltivare in ogni caso la speranza che ci sia sempre un’altra possibilità nella vita, ed è la legge Gozzini. Una legge che vogliamo difendere con forza, perché in questi anni ha permesso a migliaia di persone di ricostruirsi un futuro decente dopo il carcere.

Dicono che tenere le persone più tempo in galera garantisca a chi sta fuori in libertà, una vita meno esposta a rischi. Non è così, non è affatto così. Ci sono i numeri a dire il contrario, a dire che, tra chi si fa la galera fino alla fine, il 69% torna a commettere reati, e tra chi invece esce prima, ma gradualmente con le misure alternative, la recidiva è del 19%. E comunque, al di là delle statistiche, dovrebbe essere il buon senso a far capire, se raffreddiamo i toni e torniamo a ragionare, che una persona che cominci un percorso di rientro nella società, controllato e con tappe chiare, sarà meno incattivita, spaesata, priva di riferimenti di una, scaraventata fuori dalla galera a fine pena, a fare indigestione di libertà e di solitudine.

Il recupero a una convivenza civile di chi ha commesso reati rappresenta senza ombra di dubbio il miglior strumento di tutela della società, mentre tenere in carcere una persona fino alla fine della condanna produce un apparente ed illusorio senso di sicurezza, quando in realtà il problema è soltanto rimandato: un giro di vite alla legge Gozzini non comporterebbe quindi la diminuzione dei reati, ma semmai un quasi sicuro aumento. Il problema è che si fa sempre un gran rumore quando un detenuto in semilibertà commette dei reati, e sono davvero eventi rari (lo 0,24 %), mentre non si parla quasi mai delle centinaia di persone che proprio grazie alle misure alternative al carcere, come la semilibertà, sono riuscite a lavorare, a formarsi una famiglia e a costruirsi una vita dignitosa nella legalità.

Il sospetto è che, quando si parla di certezza della pena, si faccia un grande errore. Si dice che bisogna tenere le persone in galera fino all’ultimo giorno, ma in questo modo si vuole impedire di fatto ai condannati di ritornare gradualmente nella legalità. Mentre secondo noi certezza della pena deve significare processi più rapidi e che abbiano una fine certa. Bisognerebbe allora avere l’onestà di chiedere per tutti certezza della giustizia, e dei suoi tempi, e non certezza della galera. E bisognerebbe anche avere il coraggio di fare un bilancio serio, e di dire che il senso di umanità verso i condannati, anche quelli col “fine pena mai”, è una garanzia per tutti: certo, lo è per noi che stiamo in carcere, e per i nostri famigliari, che spesso sono le nostre prime vittime, ma lo è anche per i cittadini “per bene”, perché vivere in una società che sa riaccogliere è una scuola di umanità, di equilibrio e di serenità che, alla lunga, costituisce una garanzia di maggior sicurezza per tutti.

Padova, 18 giugno 2008
La Redazione di “Ristretti Orizzonti”

Per aderire all'appello inviate un messaggio a
redazione@ristretti.it



5 commenti:

Anonimo ha detto...

risoluzione passaggio a regione sanità penitenziaria



Agi, 26 giugno 2008



Una risoluzione per chiedere alla Giunta di provvedere, con la massima urgenza, a trasferire le funzioni della Sanità Penitenziaria alla Sanità Regionale è stata approvata, stamattina, dalla commissione Sanità. L’organismo consiliare, presieduto da Nazareno Pacifico (Pd), con la risoluzione impegna l’esecutivo regionale ad accelerare le procedure per l’adozione delle norme di attuazione necessarie, essendo la Sardegna una regione a statuto speciale, a trasferire le funzioni sanitarie dal ministero della giustizia al Servizio Sanitario Nazionale.

A norma dell’articolo 56 dello Statuto della Sardegna - si legge in una nota - si dovrà costituire una Commissione paritetica formata da quattro membri che disciplinerà il passaggio delle funzioni sanitarie. Le procedure devono essere attivate al più presto perché la sanità penitenziaria nell’isola versa in uno stato di grave difficoltà. Lo hanno ribadito anche i medici che operano nelle carceri che sono stati sentiti in audizione dalla commissione.

I medici hanno ribadito che quella penitenziaria non è una medicina di serie B e che il detenuto malato deve essere considerato un paziente e non un delinquente. Gli operatori di medicina penitenziaria hanno, inoltre, segnalato la mancata apertura di un apposito reparto ospedaliero, che era già previsto presso l’ospedale Santissima Trinità di Cagliari, per curare i detenuti che necessitano di cure.

Anonimo ha detto...

Margara: lasciamoli in galera, recidiveranno 3 volte di più!

di Alessandro Margara (Presidente Fondazione Michelucci)



Lettera alla Redazione, 28 giugno 2008



Il comunicato dell’Anfu è esemplare per dimostrare come chi svolge una attività importante ed essenziale dello Stato non ne conosca il funzionamento sostanziale: quali sono, cioè, le condizioni che dettano le linee e gli effetti di quel funzionamento.

Prescindo, per ora, dal collegamento Gozzini-indice di criminosità e mi soffermo essenzialmente su due condizioni che influenzano quell’indice. La prima è l’ampliarsi della penalità, ovvero della normativa che prevede sanzioni penali e in particolare sanzioni detentive. Come emerge dalle statistiche, le esecuzioni penali detentive nel 1990 erano 36.300 (30.000 erano in esecuzione pena in carcere e 6.300 in misura alternativa). Negli anni che hanno preceduto il condono, le esecuzioni penali detentive erano circa 180.000: 60.000 detenuti + 50.000 misure alternative + un numero elevato di esecuzioni penali detentive in attesa di decisioni da parte dei tribunali di sorveglianza ai sensi della legge Simeone, numero che oscillava intorno alle 70.000. Sicuramente questi dati sono espressi con larga approssimazione, ma lo erano anche quelli del 1990. Se notiamo, però, che si tratta della quintuplicazione delle esecuzioni penali detentive, ci rendiamo conto che la penalità si è moltiplicata e non ci vuole molto a rilevare che ciò è accaduto con riferimento a due settori ben determinati: immigrazione e tossicodipendenza e alle norme relative, che vengono ora ancora modificate e sempre più severamente.

La seconda condizione che determina il lievitare dell’indice di criminosità è che lo stesso è ricavato dalla efficacia del contrasto alle situazioni di reato. Ciò che si ricava da quell’indice è il numero accertato formalmente dei reati, che hanno un loro numero oscuro, come si dice, che non è noto. Ora il contrasto di polizia verso l’immigrazione e le dipendenze è ben noto. Quando nel comunicato dell’Anfu si nota la crescita delle denuncie, si dovrebbe verificare quanti, dei fatti denunciati riguardano tossicodipendenti e immigrati, e chiedersi se la linea di intervento di polizia non incide fortemente su queste denuncie e non sia dovuto alla intensificazione del controllo di polizia su quei fenomeni. Lo stesso dicasi per gli arresti, per i quali abbiamo come riprova, tutte le rilevazioni statistiche che dimostrano che tossicodipendenti, immigrati e anche persone in difficoltà sociali (e quindi fonte di disturbo sociale, quest’ultimo ormai sempre più contrastato) rappresentano i due terzi dei detenuti.

Certamente occorrerebbe conoscere le componenti dell’indice di criminosità. Là dove sono state fatte ricerche, proprio negli Stati Uniti, è stato del tutto smentito il rapporto fra severità del trattamento penale e, cioè, alti livelli di carcerazione, e la crescita o la diminuzione del numero dei reati. Le circostanze che influiscono sulla crescita o la diminuzione dei reati sono molteplici e seguono un andamento sul quale influiscono l’andamento dell’economia, le modalità delle aggregazioni criminali, le tipologie della immigrazione (molto rilevante anche là). Sicuramente non influisce la severità penale ovvero quella che è stata chiamata tolleranza zero.

Alla fine, c’è da chiedere agli autori del comunicato Anfu, che ci azzecca, come dice Di Pietro, la legge Gozzini con l’andamento dell’indice di criminosità? Come si è detto quella legge incide sulle modalità delle esecuzioni penali, ma questo è un dato a monte dell’intervento Gozzini. Se si vuole, si possono comunque aggiungere due dati. Il primo è che le revoche delle misure alternative sono minime (tra il 3,5 e il 4,5 %) e che tali revoche sono pronunciate per commissioni di nuovi reati in circa lo 0,20 % dei limitati casi indicati. Il secondo è che risulta da ricerche del Dap che la recidiva di chi espia la pena in misura alternativa, dopo 7 anni dalla conclusione della esecuzione della misura, è di 3 volte e mezzo inferiore a chi espia la pena in carcere. Quindi: lasciamoli in galera, recidiveranno 3 volte e mezzo di più.

Anonimo ha detto...

il carcere "paga" le mancate riforme dopo l’indulto

di Gianfranco Spadaccia



Fuoriluogo, 30 giugno 2008



Il Rapporto 2008 sui diritti globali contiene una raccolta enorme di materiali di documentazione che, se parte dalla considerazione della situazione italiana (su cui si concentra quasi interamente l’introduzione di Sergio Segio), si allarga per cerchi concentrici all’intera situazione mondiale. Esso costituisce dunque un materiale prezioso per chiunque si batta per i diritti umani con una particolare attenzione a tutti coloro che, per ragioni di fatto o di diritto, ne sono esclusi e sono vittime di odiose forme di sfruttamento e di oppressione: i migranti, i senza tutela, i poveri, gli affamati del terzo mondo, i popoli non rappresentati e le minoranze etniche esposte al rischio di un genocidio innanzitutto culturale, le vittime del terrorismo, delle guerre e delle guerre civili

Progettato e realizzato dalla Associazione SocietàINformazione e coordinato da Sergio Segio il rapporto si compone di ben 1.350 pagine, divise in quattro grandi sezioni di ricerca - diritti economico sindacali, diritti sociali, diritti umani civili e politici, diritti globali ed ecologico ambientali - e numerose sottosezioni, corredate da interviste, cronologie e statistiche ed è presentato da una prefazione di Guglielmo Epifani.

Le questioni della giustizia e del carcere sono, al pari di quelle sulla sicurezza, nonostante le ovvie connessioni con il tema dei "diritti umani, civili e politici", giustamente trattate nella sezione "diritti sociali" poiché su tali questioni passa una delle nuove e più drammatiche frontiere della discriminazione di classe che colpisce i nuovi poveri, gli emarginati, i più deboli e indifesi.

Qualcuno ha definito il carcere una "discarica sociale". Può apparire una definizione cinica o demagogica ed è invece filologicamente esatta se si riflette sul fatto che ormai da tempo e sempre di più la classe politica con l’appoggio di opinion leader che si dichiarano liberali, "scarica" letteralmente sul carcere i problemi e le emergenze sociali che non riesce a risolvere altrimenti.

Il rapporto non fa in tempo naturalmente a prendere in considerazione i recenti provvedimenti del governo Berlusconi. Essi hanno avuto però la loro premessa nella rinuncia del governo e della maggioranza di centrosinistra a porre mano a quelle riforme (Codice penale, Bossi-Fini, Giovanardi-Fini, riforma della giustizia) che avrebbero dovuto - dopo l’indulto - costituire, anche in termini di sicurezza, una politica alternativa alle ricette della destra.

È come se il centrosinistra, anche per la situazione pericolante della sua maggioranza al Senato, si fosse ritratto spaventato dal dovere di una profonda politica di riforme. Ma, così facendo, ha spianato la strada alle campagne mediatiche sulla criminalità e sull’insicurezza. E, nell’assenza di una politica democratica di riforme, lo stesso centrosinistra ha finito per subire gli effetti di quelle campagne omologandosi soprattutto nelle scelte degli amministratori di alcune grandi città alle scelte della destra.

Perché se è vero che la domanda di sicurezza non è solo della destra, le risposte di una sinistra democratica non possono essere le stesse. I risultati di due anni di paralisi legislativa e politica in questo campo sono denunciati nel rapporto con una ricostruzione minuziosa e documentata. Una indagine non meno interessante è riservata al problema dell’immigrazione e a quello ormai esploso dei rom, divenuti in questi mesi il capro espiatorio di situazioni non governate. La destra ha la responsabilità di blandire una vera e propria ondata xenofoba e di non contrastarla. Il centrosinistra ha la responsabilità di non aver saputo mettere in atto misure rigorose ma tendenti all’inclusione anziché all’esclusione e all’emarginazione.

Roberto Loddo ha detto...

Consiglio Regionale della Sardegna

XIII LEGISLATURA

Gruppo P.R.C. - Partito della Rifondazione Comunista


Oristano, 3 luglio 2008

L'On. Paolo Pisu, osservatore della Commissione Diritti Civili ed Etnie, e componente della Commissione Sanità del Consiglio Regionale della Sardegna, ha fatto visita ai cittadini Rom espulsi dal Comune di Terralba e ospitati provvisoriamente presso la Comunità Il Samaritano di Don Giovanni Usai ad Arborea, offrendo loro solidarietà umana e civile. Il consigliere regionale del Partito della Rifondazione Comunista ha espresso piena solidarietà anche a Don Usai e a tutta la Chiesa oristanese per la sensibilità dimostrata nei confronti del gruppo Rom e si è impegnato a portare il problema all'attenzione del Consiglio Regionale e delle due commissioni consiliari competenti. Com'è noto il bilancio regionale dispone risorse finanziarie per rendere più civile l'accoglienza nei campi nomadi della Sardegna, garantendo i servizi minimi essenziali e favorendo l'inserimento; nei giorni scorsi la Giunta Regionale ha stanziato 500.000 euro all'interno dei programmi di interventi per migliorare le condizioni di vita nei campi sosta, intendendo favorire una maggiore integrazione della popolazione nomade.

"Il grave intervento discriminatorio e razzista attuato dal Sindaco di Terralba Giampietro Pili - afferma Pisu - nasconde solo l'incapacità a predisporre un progetto di integrazione per appena 50 cittadini Rom su una popolazione residente di oltre 10.000 abitanti, progetto che non sarebbe costato un solo euro al suo Comune ma che sarebbe stato interamente finanziato con fondi regionali".

Infatti in tanti altri Comuni sardi i finanziamenti ricevuti hanno consentito di trovare le soluzioni adeguate a questo tipo di problemi; il caso del vicino Comune di San Nicolò d'Arcidano, dove le varie amministrazioni susseguitesi sono intervenute con serietà e correttezza, sta a dimostrare che quando si ha la volontà e la capacità politica di amministrare, i problemi, anche quelli più difficili, si possono affrontare e risolvere.

"Appare ridicolo - continua Pisu - il massiccio spiegamento di forze messo in atto dal Sindaco di Terralba contro un pugno di disperati, compresi anziani, bambini e donne, per cacciarli dal suo Comune, ben sapendo che avrebbe solamente spostato il problema verso un altro Comune. E' stato un atto vigliacco di chi si sente forte e opera contro chi non può difendersi. Il Sindaco di Terralba ha violato tutti i diritti civili ed umani, offendendo il popolo sardo, che vanta una tradizione di ospitalità, avendo sofferto sulla propria pelle l'emarginazione e l'intolleranza per decenni, in terra d'emigrazione, prima di essere accettato e integrato.

L'On. Pisu chiederà al Prefetto di Oristano di intervenire per accertare se siano state attuate violazioni di legge sulla tutela dell'etnia Rom, a qualsiasi livello. Ha rivolto un appello alla Protezione Civile affinché intervenga per fornire alla Comunità "Il Samaritano" tende, attrezzature igienico-sanitarie e quant'altro possa occorrere, nell'immediato, per alleviare le sofferenze di queste famiglie Rom.

Roberto Loddo ha detto...

mercoledì 2 luglio 2008
Sgomberati i Rom di Terralba: amministrazione comunale razzista

Il 1 di luglio la Giunta regionale approva lo stanziamento di 500mila euro per interventi di inclusione sociale in base alla legge 9 del 9 marzo 88 , nota legge Tiziana, a favore dei rom ospitati in campi comunali, aggiungendo tale somma al mezzo milione di euro che il Consiglio regionale ha inserito nella Finanziaria 2008, finalizzato al risanamento dei campi sosta presenti nella regione, mentre Giampietro Pili, sindaco del comune di Terralba, e, consigliere provinciale eletto nelle file dell’UDS, è riuscito finalmente a far sgombrare e distruggere un paio di baracchine di cittadini Rom, situate in un terreno privato, di proprietà degli stessi, in agro del comune di Terralba.
Dopo una battaglia giornalistica durata certamente più di un anno, il caso è diventato oramai di diffusione nazionale. La scorsa settimana, a tutta pagina, le testate locali e non, pubblicavano interviste al sindaco “minacciato di morte” dai Rom.
L’escalation si è avuta in questi giorni quando, oltre a leggere le più svariate notizie sulla pericolosità degli zingari residenti a Terralba, si è assistito attoniti a dichiarazioni e articoli che solo in un clima di razzismo plateale, come quello che vige ora in Italia, si poteva verificare.
Alle 6 famiglie Rom, oltre che allo sporcare, all’inquinare, al rendere incoltivabili i terreni prospicienti il campo, sarebbe sicuramente imputabile un grave problema di pubblica sicurezza che imperverserebbe su Terralba.
A noi pare assurdo che un primo cittadino possa fare simili affermazioni, come altrettanto troviamo irreale sapere che il signor Pili non si sia minimamente interessato a risolvere il caso in altri modi, un simile trattamento discriminatorio ci ricorda bandi medievali contro i rom.
Se è vero come pare che i cittadini Rom vivessero in situazioni igienico sanitarie al limite, e sia stato ottemperato il decreto di sgombero, ci pare assurdo che il primo cittadino non si sia massimamente operato per dare ai rom una differente soluzione abitativa, come per altro prevedono le leggi vigenti.
E’ chiaro che il signor Pili poco ha fatto, anzi oseremo dire non ha fatto niente altro se non fomentare ed incitare al razzismo, allarmando la popolazione di Terralba e di tutta la provincia.
A pochi chilometri da Terralba, in comune di S.N.Arcidano sorge un altro campo rom, uno dei primi campi sosta sardi, li da sempre le politiche comunali di amministrazioni di centrosinistra e centrodestra hanno dimostrato lungimiranza e volontà di inclusione, infatti il campo rom è operativo e funzionante, anzi annualmente il comune ottiene fondi utilizzabili per creare ulteriori infrastrutture ma soprattutto riesce a portare avanti progetti di inclusione sociale. La comunità Arcidanese deve alla presenza di numerosi minori rom il permanere in loco della scuola materna statale e scuole elementari.
Ci pare impossibile che il signor Pili ed il suo staff non sappiano dell’esistenza della legge Tiziana e degli altri finanziamenti pubblici che risolvono in modo dignitoso una problematica quasi inesistente, dato l’esiguo numero di cittadini rom ( 60 su una popolazione residente di 10mila cittadini italiani), in questa azione di ignoranza amministrativa notiamo una ferma volontà politica: reprimere il diverso.
Infatti noi che quotidianamente leggiamo la stampa non dimentichiamo l’immediata richiesta di Pili al governo nazionale al varo dei nuovissimi decreti sicurezza.
Riteniamo che le politiche agite da Pili siano errate e di chiara matrice xenofoba, infatti invece di portare sconquasso tra la cittadinanza , un buon amministratore dovrebbe tutelare tutti i cittadini, ma soprattutto dovrebbe essere attento alle possibilità di finanziamento che da l’amministrazione regionale. Un’amministrazione comunale ora come ora ha sempre necessità di fondi, soprattutto per le politiche sociali e, a nostro vedere, nessuna occasione migliore poteva essere quella sfruttare i finanziamenti previsti per tutti quei comuni che ospitano i rom. Perché con i fondi previsti per legge oltre che dare una sistemazione dignitosa ai cittadini rom si possono impiantare progetti di inclusione finalizzati alla risoluzione di problematiche conflittuali che potrebbero sorgere ma soprattutto educare al reciproco rispetto delle diversità di tutti i cittadini.
Certamente se il sindaco di Terralba è per noi colpevole di un gravissimo atto di discriminazione, non meno lo è il sindaco di Marrubiu, anch’egli sicuramente poco ospitale e con una scarsissima conoscenza delle norme di tutela dell’etnia Rom.
Si parla di stabili Ersat concessi, dopo una mediazione tra gli assessori regionali competenti ed in particolare con l’interesse dell’ assessore alla Sanità, ma il sindaco non vuole ospitare i Rom perché pare non vi siano disponibilità abitative neanche per i cittadini di Marrubiu, anche qui non si tiene conto delle leggi vigenti ma soprattutto si getta per aria la possibilità di finanziamenti regionali che potrebbero in ogni modo essere utili ad un paese come Marrubiu dove sicuramente l’inclusione sociale non è delle migliori, tanti altri sindaci interpellati hanno “ovviamente” respinto i Rom, in solidarietà con il sindaco di lavoro.
Diversamente accorso ed attento alle tematiche ci è sembrato il Prefetto, dottor Tuveri, che in ogni modo ha lavorato per cercare soluzioni.
E’ per noi grave sia l’atteggiamento e le dichiarazioni di Pili ma soprattutto il suo agire, incurante della presenza di anziani e minori, incitante l’odio razziale e la discriminazione, ricco di teorie confuse su fantomatici odio etnici e guerre tra bande di rom.
Non riusciamo a capire perché il sindaco abbia avuto questo interesse a creare un caso nazionale mentre la Sardegna si è sempre distinta per la grande civiltà nel promulgare leggi a favore dei cittadini migranti e soprattutto delle minoranze Rom.
Ebbene finalmente si è scatenato il caso Terralba, tutti i giornali ne parlano, i Rom di Terralba assurgono ad essere i più temibili d’Italia, i piu delinquenti, si leggeva di risse fra serbi e rom, quali serbi e quali rom chiediamo noi, non ci sembra proprio di conoscere cittadini serbi, probabilmente qualcuno che poco conosce le differenze culturali delle etnie rom addita come serbi tutti i rom di religione ortodossa.
Non riusciamo a capacitarci delle motivazioni che hanno spinto il sindaco Pili a creare questo caso, non riusciamo a capacitarci perché poco si sia fatto per integrare questi cittadini.
Si è parlato dell’alto grado di rom con precedenti penali che avessero scelto come dimora Terralba, si parla di tante problemi inesistenti.
Non possiamo però rimanere a guardare, non possiamo continuare a vedere simili atti, uno dei più grandi sgomberi della Sardegna, ma soprattutto non può rimanere impunito un sindaco che allontana del proprio comune minori che comunque fino al compimento del diciottesimo anno di età hanno i medesimi diritti dei minori italiani, incurante di ogni possibile disagio ulteriore di questi giovani cittadini.
Per questi e tanti altri motivi, il nostro partito, alcune associazioni, intendono far intervenire direttamente la Comunità Europea, ma anche e soprattutto denunciare la grave violazione compiuta dal sindaco di Terralba alla Corte di Strasburgo, affinché ad ogni cittadino sia riconosciuta pari dignità ma soprattutto affinché nessun Sindaco abbia l’onere ed il diritto di intraprender e battaglie etniche e xenofobe.

Eleonora Casula
PRC SE della Sardegna
Segreteria regionale
Area Diritti ed immigrazione
Alessandro Vinci
Consigliere provinciale PRC SE Oristano

Don Ettore Cannavera, riflessioni da "La Collina"

L'Associazione 5 Novembre, ha intervistato Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di accoglienza "La Collina", rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione. Un interessante intervista sui temi della Giustizia, del Carcere, del precariato giovanile e della cultura della Solidarietà e dell'accoglienza.