giovedì 15 maggio 2008

Europa: sieropositivo 10% dei detenuti e 20% delle donne


Asca, 15 Maggio 2008
dalla Redazione del Centro Studi

di Ristretti Orizzonti www.ristretti.it

L’Aids è un problema sempre più al femminile. Lo evidenziano gli ultimi studi e le rilevazioni illustrate oggi a Roma in occasione del Seminario Europeo "European In and Out Project", dedicato alla diffusione e alla cura della malattia nelle carceri, secondo i quali la percentuale delle donne non tossicodipendenti che risultano sieropositive è arrivata a toccare il 10% dei detenuti (circa 63%) che hanno accettato di sottoporsi al test.


Più precisamente - ma i dati, avvertono i clinici, sono in divenire - secondo uno studio effettuato in Spagna, Germania, Scozia, Lombardia per l’Italia, e nel carcere di Odessa per l’Ucraina, su 19.772 detenuti 12.560 hanno accettato di sottoporsi al test per l’Hiv e 1.351 (circa il 10,8%) sono risultati positivi. Le donne erano 1.414, il 7,1% del campione. Di queste, hanno fatto il test l’80,4%, risultando positive nel 21,1% dei casi. Ma il dato preoccupante è che le non tossicodipendenti rivelano percentuali di positività superiori almeno 25 volte al dato relativo ai sieropositivi nella popolazione generale.


Spiega all’Asca il prof. Sergio Babudieri, dell’Istituto Malattie Infettive dell’Università di Sassari: "Mentre ci si aspetta il dato di una percentuale di sieropositive del 28,6% fra le tossicodipendenti, sorprende il 15,8% registrato fra donne non tossicodipendenti. Si tratta, dunque, di soggetti che vivono in situazioni di marginalità e per i quali il carcere diventa il luogo dove la malattia viene intercettata. Sono donne per le quali la salute non è un bene primario perché vivono al limite della sopravvivenza e il carcere è l’unico luogo dove possono trovare educazione sanitaria e cure".


Gli Istituti penitenziari, dunque sarebbero non un amplificatore, "ma un concentratore di patologia dal momento che ospitano prevalentemente individui appartenenti a strati socio-culturali che, soprattutto durante la permanenza in libertà meno sentono il bisogno di salute come necessità primaria". "Il penitenziario - spiega Babudieri - per il 17,1% dei pazienti è l’occasione per iniziare la terapia" , anche se poi solo il 42,% assume regolarmente i farmaci, non perché questi non siano disponibili ma perché tutto è molto è affidato alla buona volontà del paziente. "Non si ricorda mai abbastanza che la Salute in carcere è salute pubblica. Protezione della salute all’interno è anche salute fuori".


Dalla sua identificazione ad oggi l’Aids ha ucciso nel mondo più di 20 milioni di persone e la pandemia, nonostante i fondi erogati e gli sforzi per consentire l’accesso alle terapie antiretrovirali, continua ad espandersi. Secondo stime Unaids alla fine del 2005 erano circa 39 milioni gli adulti ed i bambini affetti dall’infezione, di cui circa la metà costituita da donne di età superiore ai 15 anni. In Italia la Lombardia è la regione più colpita con un tasso di incidenza del 5,8 su centomila abitanti, seguita dall’Emilia Romagna, la Liguria, l’Umbria e il Lazio.


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