venerdì 1 aprile 2011

Mai più bambini in carcere?


di Valentina Ascione
Quello a cui abbiamo assistito ieri a Palazzo Madama è il trionfo della retorica buonista, sulla pelle dei bambini. L’ennesimo provvedimento spot con quale il governo si illude forse di poter fronteggiare una crisi, come quella del sistema penitenziario, che richiederebbe misure molto più incisive, se non drastiche. Era accaduto pochi mesi fa, con il varo del cosiddetto ddl “svuota-carceri”, fortemente voluto dal ministro Alfano per dare un po’ di ossigeno al sovraffollamento e che ha invece prodotto risultati irrisori. E’ accaduto ieri, quando il Senato ha dato il via libera definitivo al disegno di legge sulle detenute madri (“Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori”), tra le fanfare di governo e maggioranza e al grido di “Mai più bambini in carcere”, frettolosamente rilanciato dai megafoni mediatici.
Sono attualmente una cinquantina, in Italia, i piccoli innocenti dietro le sbarre costretti a scontare insieme alle proprie madri una pena per reati che non hanno commesso. Lontani dai giochi, dalle attività formative e da tutte quelle esperienze che dovrebbero accompagnare e favorire la crescita di ogni bambino. Vite compromesse da un’infanzia turbata, imbrigliata nelle maglie troppo strette di una normativa incapace di guardare in faccia la realtà penitenziaria.
Con la nuova legge saranno probabilmente ancora cinquanta i minori reclusi. Il testo approvato ieri, infatti, non scardina i punti critici della normativa precedente. Innalza da tre a sei anni il limite di età al di sotto del quale i bambini possono restare accanto alla madre negli Istituti a custodia attenuata (Icam), strutture molto più accoglienti di un carcere ma pur sempre dipendenti dall’amministrazione penitenziaria. Tuttavia non scioglie il nodo delle numerose detenute madri recidive, per lo più straniere e accusate o condannate per crimini legati alla droga e alla prostituzione; detenute che molto difficilmente hanno accesso a misure alternative a causa del pericolo di fuga o di reiterazione legato a questa tipologia di reati. A loro non sarà consentito di scontare la pena in un Icam e i loro figli continueranno a stare in cella fino al compimento del terzo anno d’età, quando saranno affidati ai servizi sociali, sacrificando così il buon senso sull’altare della “sicurezza”.
Ma non è tutto. Anche in presenza dei requisiti richiesti, fino al 2014 l’accesso sarà limitato ai soli posti disponibili: un limite piuttosto restrittivo, visto che di Istituti a custodia attenuata al momento ce n’è solo uno, a Milano, e che per i prossimi tre anni non è prevista copertura finanziaria per aprirne di nuovi.
Infine, il nuovo ddl non solo non garantisce a una mamma detenuta di accompagnare il proprio bambino in ospedale in caso di urgenza, ma neanche di stargli accanto successivamente per il tempo necessario, disponendo che sia il giudice a valutare, caso per caso, quando concedere questa possibilità.
Insomma, distinguere la nuova legge dalla vecchia, coglierne i miglioramenti sembra davvero impossibile. Del resto diverse associazioni – tra cui A Roma InsiemeTerre des Hommes,Bambinisenzasbarre e Il Detenuto Ignoto - oltre ai parlamentari Radicali, avevano avvertito che lo slogan “Mai più bambini in carcere” rischiava di rivelarsi un bluff. Il titolo adatto a nascondere il vuoto. Una menzogna, in un mondo troppo veloce per guardare oltre i titoli.http://www.processomediatico.it/?p=950

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