di Franco Uda
Le testate rimbombano. Il CPA di Elmas balza all'onore delle cronache, invadendo lo spazio dell'informazione. La terza protesta nel giro di 11 giorni, ma questa volta il risultato è dirompente. Gli stranieri rinchiusi nel Centro di Prima Accoglienza si rivoltano e costringono la Sardegna e l'Italia ad aprire gli occhi sulla loro condizione.
Quanto possa essere accogliente un luogo che funge da anticamera per i lager destinati alle operazioni di identificazione ed espulsione è tutto da verificare. Entrarvi non è facile perchè la sospensione del diritto, e della vita umana, non è spettacolo da offrire al pubblico. La “gente” preferisce le cronache morbose di italiche famiglie, diffuse ormai a reti unificate.
E invece i fatti di Elmas parlano di situazioni intollerabili, a dispetto di quel peloso sentimento di tolleranza che viene sbandierato anche da chi gli stranieri li accoglie rinchiudendoli. Parlano di appalti, di gare dove la ragione sociale dei concorrenti arriva persino a produrre nomi che deridono il coraggio, la speranza e il dramma dei migranti: dal primo ottobre la struttura è gestita dal Consorzio Sisifo di Palermo, che si occupa anche del Centro di Lampedusa, e fino ad allora era gestito dal Consorzio Solidarietà per conto del Consorzio Connecting People (!).
I fatti di Elmas irrompono nelle traiettorie di chi può viaggiare incappando al massimo in fastidiosi contrattempi. Tra i passeggeri qualcuno si lamenta dei ritardi, e minaccia di non investire più nell'isola. Persino Arturo Parisi, intervistato all'aeroporto in attesa del suo volo sospeso, si domanda se non sia il caso di rivedere la scelta che ha portato ad allestire un CPA nel perimetro aeroportuale del capoluogo sardo. La tensione è alta, e dopo la comunicazione della cancellazione di alcuni voli internazionali, alcuni dei manifestanti nell'aeroporto vengono aggrediti da una ventina di passeggeri. La polizia li trae in salvo.
Il bilancio dell'azione dei detenuti nel Centro di Elmas è di 10 arresti per danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale e alcuni feriti. Ma permangono le drammatiche situazioni all’interno dei CIE e dei CPA: condizioni igienico-sanitarie carenti, mancano i mediatori culturali, e gli scioperi della fame e i tentativi di evasione diventano sempre più frequenti e diffusi. La protesta dilaga, soprattutto da quando il “pacchetto sicurezza” ha portato da due a sei mesi il tempo di detenzione nei Centri d'espulsione.
Sul web rimbalzano commenti che oscillano tra solidarietà e condanna, ma le dichiarazioni segregazioniste imperversano. Il lavoro da fare è immane, ma bisogna agire, con tutta la forza possibile, con una mobilitazione unitaria di tutte le forze democratiche, per rivedere le scelte di un Governo irresponsabile e sottrarre la Sardegna alle politiche della reclusione.
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