dalla Redazione del Centro studi
di Ristretti Orizzonti www.ristretti.it
"Il passaggio alle aziende sanitarie locali della medicina penitenziaria comporta una serie di problemi relativi all’assistenza dei detenuti. In particolare rischia di determinare una sperequazione di trattamento per gli ammalati, specialmente per quelli che potrebbero accedere alle pene alternative in quanto tossicodipendenti con doppia diagnosi.
Bisogna infatti quantificare l’investimento che la Regione intende fare per garantire la collaborazione con le Comunità terapeutiche evitando logiche ragionieristiche improntate al risparmio". Lo sostiene la consigliera regionale socialista Maria Grazia Caligaris (Partito Socialista) con riferimento al definitivo passaggio avvenuto oggi con la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale del decreto.
"Le continue denunce - ha aggiunto Caligaris - sulle condizioni di salute dei detenuti richiedono quindi di porre mano immediatamente alle norme attuative del decreto con specifico riferimento al personale sanitario convenzionato e alle comunità terapeutiche ma impone di rendere al più presto fruibile il reparto per detenuti nell’ospedale "Santissima Trinità" a 15 anni di distanza dalla legge che ne ha sancito l’istituzione alleggerendo così anche il carico di lavoro degli agenti per le traduzioni e i piantonamenti".
"Occorre affrontare subito le criticità - ha sottolineato Caligaris - sollecitando inoltre il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a limitare i flussi di detenuti nelle carceri sarde e in particolare a Buoncammino dove si registra una presenza di 442 ristretti e un grave problema di insufficienza di Agenti di Polizia Penitenziaria. Il sovraffollamento della sezione femminile, dove ci sono prevalentemente immigrate con problemi di compatibilità ambientale, contrasta fortemente con l’inadeguato numero di agenti donne".
"Non si può infine ritenere che sia sufficiente trasferire la medicina penitenziaria alle Asl per renderla automaticamente vicina ai bisogni se non ci sono strumenti idonei per affrontare le questioni problematiche. Se il carcere non funziona - ha concluso l’esponente socialista - l’intera società rischia di andare il tilt perché il recupero di chi ha sbagliato non può avvenire esclusivamente con la punizione".
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Cagliari: affollamento e situazione igienico-sanitaria al limite
Redattore Sociale, 29 maggio 2008
Sovraffollamento e situazione sanitaria al limite: 80 detenuti con malattie infettive e forse 40 con problemi psichici. La denuncia delle famiglie approda al Consiglio Regionale. Chiesto un reparto ad hoc in ospedale.
Circa quattrocento detenuti, una ventina di donne e con l’età media che supera appena i 30 anni. Non solo. All’interno di Buoncammino ci sarebbero anche una quarantina di persone che risulta sofferente mentale, mentre lo staff interno del carcere ne assiste circa 120. Sono i numeri dell’emergenza diffusi di recente dall’associazione per i diritti civili "5 Novembre", dopo l’ultimo sopralluogo effettuato nel penitenziario cagliaritano.
Gli ultimi dati parlavano di 404 detenuti, un’ottantina dei quali con malattie infettive come l’epatite B e C. "Ma c’è soprattutto il problema drammatico degli spazi - denunciano dall’associazione - la legge dice che nelle celle un detenuto dovrebbe avere garantiti almeno nove metri quadrati. Qui, invece, in circa venti metri si sta in sei con i letti a castello". Un dramma rilanciato ieri anche dal consigliere regionale Maria Grazia Caligaris (Partito Socialista) che ha deciso di portare in aula l’emergenza del carcere cagliaritano, presentando di recente anche un’interrogazione all’assessore regionale della Sanità e chiedendo l’attivazione di un reparto per detenuti nell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari.
"La Casa Circondariale di Buoncammino - dice Caligaris - con il continuo invio di detenuti dalla penisola, ha superato il limite della normale capienza. Da 15 anni è disatteso un decreto - legge che prevede l’attivazione in ciascun capoluogo di provincia, negli ospedali generali, reparti destinati al ricovero in luogo esterno di cura, dei detenuti e degli internati per i quali la competente autorità abbia disposto il piantonamento".
Il decreto, inoltre, stabilisce che nelle città dove esistono più strutture ospedaliere, come ad esempio Cagliari che conta ormai 5 nosocomi e numerose cliniche, il reparto detenuti debba nascere in quello che possiede già una divisione specializzata nella cura delle malattie infettive. È questo il caso del Santissima Trinità, situato nel quartiere di Is Mirrionis. "A Buoncammino - conclude Caligaris - esiste un’emergenza reale, ma di recente alcuni detenuti gravemente ammalati hanno avuto necessità di interventi chirurgici e cure specialistiche".
Cagliari: detenuto muore dopo aggressione, il terzo in 1 mese
Redattore Sociale, 29 maggio 2008
Antonello Desogus. 43 anni, era ricoverato all’ospedale Marino in gravi condizioni. Domenica era stato picchiato da un detenuto tunisino durante l"ora d’aria. Partita l’inchiesta.
Terza morte sospetta in meno di un mese nelle carceri sarde. Dopo i decessi avvenuti ai primi di maggio di Marco Pes, 42 anni, nel penitenziario di piazza Manno a Oristano, e della nigeriana Rose Ayough, 33 anni, in quello cagliaritano di Buoncammino, ieri sera è morto anche Antonello Desogus, 43 anni, ricoverato da qualche giorno nel reparto rianimazione dell’ospedale Marino di Cagliari.
Domenica scorsa, era stato picchiato dal tunisino Nashid Dhao durante l’ora d’aria, procurandosi un trauma cranico e la frattura della tibia. Niente di grave, si pensava in un primo momento, ma dopo tre ore dall’arrivo al pronto soccorso, l’uomo aveva perso conoscenza ed è portato d’urgenza in Rianimazione. Poche speranze: subito il coma e, ieri sera, il decesso. L’indagine, condotta dal pm Alessandra Allieri, è scattata immediatamente con un fascicolo aperto per omicidio colposo. Desogus - secondo quanto ricostruito dal direttore del carcere Gianfranco Pala - sarebbe intervenuto durante una lite tra due tunisini per fare da paciere. Ora saranno necessari ulteriori accertamenti per capire le cause del decesso, anche perché gli investigatori sembrano escludere l’ipotesi di un legame con la frattura alla tibia o al trauma cranico. Forse un’emorragia interna.
Già da giorni, però, nell’Isola l’attenzione è concentrata su una catena terrificante di morti avvenute dietro le sbarre in meno di un mese. Due le inchieste che cercano di far luce sui decessi, avvenuti nei primi giorni di maggio e poche settimane dopo, del detenuto sardo Marco Pes e della nigeriana Rose Ayough. In primo nel carcere di Oristano, il secondo in quello di Cagliari, dopo due giorni di ricovero all’ospedale San Giovanni di Dio.
Le autopsie, in entrambi in casi, non hanno dato i risultati sperati: per risolvere i gialli bisognerà dunque attendere gli esiti degli esami istologici che verranno consegnati in Procura solo tra due mesi. In ambedue i casi, il sospetto degli inquirenti è che le morti possano essere legati a liti o pestaggi con altri detenuti o compagni di cella. È destinato dunque ad infiammarsi il dibattito sulle condizioni di vita all’interno del carcere di Buoncammino, in queste settimane al centro di numerose polemiche da parte delle associazioni dei familiari dei detenuti.
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